Charlie Hebdo e Papa Bergoglio, l’intervista al vescovo Mogavero su Il Fatto Quotidiano‏

Redazione Prima Pagina Marsala
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19 Gennaio 2015 12:04
Charlie Hebdo e Papa Bergoglio, l’intervista al vescovo Mogavero su Il Fatto Quotidiano‏

Monsignor Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo, fa una premessa: "Io non faccio un ragionamento sul pugno di Papa Francesco, parla un suo linguaggio che ha un proprio senso".

E come la spiega, Mogavero?

Mogavero: "Il diritto di espressione è un diritto, va riconosciuto, garantito e tutelato. Ma è un diritto assoluto? Il problema è questo: può il diritto di espressione identificarsi nel diritto di insulto e di offesa? No. E io reagisco in una certa maniera, non violenta, sempre con raziocinio".

Jorge Mario Bergoglio ha mimato un gesto. Mogavero: "Anche tu che mi insulti, mi tiri un pugno. Anche tu che sbeffeggi la mia religione, mi colpisci. E dico una cosa lapalissiana: io non giustifico i terroristi che per un insulto a Maometto commettono una strage".

Cos 'è la libertà con i limiti?

Mogavero: "Va inteso che per un uomo di fede la religione è parte di una identità, e non è trascurabile. Io non posso accettare che tu intervenga sulla mia fede trasformandola in una schifezza. Anche questa è una libertà da proteggere".

Mogavero è Charlie Hebdo?

Mogavero: "Quelli che dicono "io sono Charlie" lo fanno per due motivi: per ribadire la condanna di una strage e per affermare la libertà di espressione. Contro la violenza, "io sono Charlie". Per la libertà di espressione, "io sono Charlie" finché Charlie non infanga la mia religione".

Detesta il settimanale francese?

Mogavero: "Quelle vignette a me fanno male, vedere la Trinità o la Natività in quel modo fa scalpore. Se fossero raffigurati i tuoi genitori, cosa avresti detto? Io non sono per l'autocensura e figuriamoci per la censura. Ma chi parla deve tener conto della propria e dell'altrui identità. Sono concetti elementari".

Allora la libertà finisce dove comincia la religione?

Mogavero: "La fede non va trattata come un nemico che va distrutto. Lo scopo della satira è ridicolizzare la religione per far capire che non vale nulla e che può essere impunemente attaccata? Finché hanno preso di mira i cattolici, non è accaduto niente. Nel momento in cui hanno bersagliato Maometto, i fondamentalisti hanno scelto le maniere forti. Se la satira vuole far scomparire una religione, però, cade in una logica di guerra. E io non ci sto. L'aspetto trascendentale della religione non mortifica la ragione umana. Se la satira vuole mettere in evidenza i punti critici, ben venga. Aiuta a purificare la mia fede. Ma se vuole debellare la mia religione, io mi ribello. La libertà religiosa vale quanto la libertà di espressione".

Articolo di Carlo Tecce pubblicato da Il Fatto Quotidiano venerdì 16 gennaio 2015

19-01-2015 13,00

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