Il 21 ottobre 45° anniversario della vicenda del “mostro di Marsala” con la morte di 3 bimbe. L’ombra della mafia…

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
19 Ottobre 2016 15:35
Il 21 ottobre 45° anniversario della vicenda del “mostro di Marsala” con la morte di 3 bimbe. L’ombra della mafia…

Fra qualche giorno, il 21 ottobre, ricorre il 45° anniversario di un mistero che avvolge ancora la città di Marsala (ma che ha riguardato anche i territori di Mazara e Castelvetrano). Esso riguarda la vicenda relativa all’uccisione di tre bambine marsalesi, Antonella Valenti, Ninfa e Virginia Marchese. Fino ad oggi non è mai stato accertato il movente di quella tristissima pagina di cronaca meglio conosciuta come il triplice delitto del “mostro di Marsala”.

Lo scorso novembre la nostra redazione si occupò della vicenda a seguito della morte, per vecchiaia, del padre di due delle tre bambine, Ninfa e Virginia. Paolo Marchese è morto senza sapere perché sono morte le sue piccole, sequestrate da Michele Vinci (foto n.1), denominato poi “il mostro di Marsala”, il 21 ottobre del 1971, all’uscita da scuola, insieme alla loro compagnetta Antonella Valenti; le tre bimbe furono trovate dopo varie ricerche dentro una cava di tufo ad Amabilina (vedi foto n.2 dall'archivio de L'Unità).

Siamo venuti a conoscenza della morte di Paolo Marchese attraverso alcuni manifestini funebri affissi nella città di Marsala. All’uomo, descritto da chi lo conosceva come persona dal carattere assai mite, dopo la morte delle figlie, fu concesso un posto di bidello.

Quella del sequestro e della morte delle tre bambine è una ferita che a Marsala non si è ancora rimarginata. Il 21 ottobre 1971, uscite dalla scuola elementare di piazza Caprera, salgono sulla Fiat 500 di Michele Vinci, zio di Antonella Valenti, per non far più ritorno a casa. A riproporre il caso, nel gennaio 2006, fu la trasmissione di RaiTre ‘’Chi l’ha visto?’’. Migliaia, naturalmente, allora, i marsalesi rimasti incollati davanti al televisore.

Convinzione generale continua ad essere che il ‘’mostro di Marsala’’, tornato in libertà nel 2004 (vive nel Viterbese), non agì da solo, ma fu soltanto un anello, il primo, di una mostruosa catena che alla fine lo stritolò. ‘’Sembra essere ancora terrorizzato, non vuole parlare’’ disse una redattrice di ‘’Chi l’ha visto?’’ che ha tentato, senza successo, di intervistarlo. E così viene mandato in onda uno stralcio di una dichiarazione che nel 1988 Michele Vinci, dal carcere, rilasciò sempre a Rai3.

Parlando delle tre povere bambine, che frequentavano la scuola elementare di piazza Caprera, Vinci disse: ‘’Mi era stato assicurato che nulla sarebbe loro successo’’. Chi fece questa promessa? E se così fu, evidentemente la verità non è quella accertata in sede giudiziaria.

Del fatto che Michele Vinci non agì da solo ne era fermamente convinto, a quanto pare, anche il padre delle sorelline Marchese, che all’uscita dalla scuola ebbero la sventura di essere assieme ad Antonella Valenti, il vero obiettivo del sequestro. Michele Vinci, però, fece salire anche loro in auto perché scomode testimoni. ‘’Non crederò mai – disse Paolo Marchese - che una sola persona abbia potuto fare tutto questo. Gli altri, i potenti, sono ancora fuori!’’. Dello stesso parere è stato sempre anche l’avvocato Elio Esposito, difensore dell’unico imputato processato e condannato. ‘’La notte in cui fu uccisa Antonella Valenti – sostiene il legale – Michele Vinci rimase sempre assieme ai suoi cognati ed al resto della famiglia. E questo fa cadere la costruzione dell’accusa. Ma su questo fronte non si è indagato’’.

Ci sono, poi, alcune morti ‘’strane’’, come quella del muratore Giuseppe Li Mandri e di Ignazio Guarrato, entrambi in qualche modo coinvolti nella vicenda. Il primo, mentre lavorava, cadde da un’impalcatura, il secondo fu trovato cadavere sul fondo di un pozzo non molto distante dalla cava di tufo dove furono rinvenuti i corpi delle sorelle Marchese (stranamente, la bambina morta prima era sopra il cadavere dell’altra).

Sulla vicenda scrisse anche il noto giornalista Corrado Augias (Telefono Giallo – Mondadori, Milano 1989) riscostruendo alcuni fatti: “La sera stessa, alla luce delle torce, cominciano le ricerche tra le tante cave di tufo nei dintorni della città. Il procuratore della Repubblica, Cesare Terranova, di fresca nomina a Marsala, lancia un appello: chiunque sappia qualcosa si faccia vivo. Si fa vivo un tedesco, Hans Hoffmann, fa il benzinaio a Trapani dopo aver sposato una siciliana.

Racconta di aver visto nel pomeriggio del 21 ottobre una Cinquecento diretta verso Castelvetrano, con un uomo alla guida e dentro tre bambine che battevano ai vetri con le mani. Sembra la pista giusta, ma viene subito smentita. È Giuseppe Li Mandri a farlo, si presenta anche lui spontaneamente in Procura appena avuto sentore della deposizione. “Quell’auto è mia. –dice- Stavo andando a trovare un parente in ospedale e mia figlia faceva i capricci, non voleva venire”.

Sospetta qualcosa Terranova? Certo che per quei tempi in Sicilia, se una deposizione spontanea era molto, due sembravano decisamente troppe. E poi Hoffmann aveva parlato di tre bambine: così Terranova lo manda a chiamare. I carabinieri vanno da lui, ma non lo trovano: il tedesco è dovuto rientrare urgentemente in Germania “per motivi di famiglia”. Ai carabinieri e a tutti i magistrati che si sono occupati del caso la motivazione bastò: Hoffmann, infatti, non venne più richiamato al processo.

Lo ha ritrovato una nostra troupe. Alle telecamere l’ex benzinaio tornato in Germania ha raccontato che, quando sua moglie seppe che era andato dal giudice si mostrò molto preoccupata: “Qui non siamo al tuo paese. Qui non si parla”. E la coppia lasciò in gran fretta la Sicilia per evitare guai, che nessuno, beninteso, minacciava, ma – come dicono al Sud – “non si sa mai”. Se Hoffmann non si trova, ragiona Terranova, verifìchiamo il racconto di Li Mandri ascoltandone la moglie.

Ma la donna è anche lei sorpresa che il marito si sia presentato a deporre, e per di più spontaneamente, e aggiunge che sicuramente deve essersi confuso, poiché in ospedale i bambini sono ammessi. Terranova decide di sentire nuovamente Li Mandri, ma è troppo tardi: Li Mandri è già morto, precipitando da un tetto che stava riparando. Disgrazia o delitto?

"Una storia vecchia e strana, attorno alla quale –sottolinea Augias- per una serie di coincidenze, si sono incrociati i destini di tanti personaggi che più tardi saranno vittime illustri della mafia: il giudice Cesare Terranova, il magistrato Giacomo Ciaccio Montalto, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il maresciallo di polizia Lenin Mancuso. Che l'ombra della mafia si allunghi anche sul delitto di Marsala?”.

Tra le varie ipotesi, infatti riemerge quella relativa ad una possibile vendetta compiuta contro Leonardo Valenti, padre di Antonella, che secondo Michele Vinci (in foto n.1 dall'Archivio de l'Unità) avrebbe dovuto partecipare al progettato sequestro dell’onorevole Salvatore Grillo, che proprio in quel periodo, grazie anche all’appoggio dei cugini Salvo, era diventato il principale esponente della Dc in provincia, sconvolgendo i vecchi assetti.

Leonardo Valenti, però, all’ultimo momento, si sarebbe tirato indietro. Forse, facendosi anche scappare qualche parola. E per questo motivo sarebbe stato punito. Questa ‘’verità’’ Vinci la tirò fuori nel 1975, alla vigilia della sentenza del processo di primo grado. Ma non fu creduto. Vinci accetto la sentenza di condanna a circa 30 anni di carcere. Oggi Vinci vive al nord, il caso sarebbe chiuso ma rimane il mistero...  

Francesco Mezzapelle

19-10-2016 17,30

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