In appello, l’ex sindaco Ciro Caravà condannato a 9 anni per concorso in associazione mafiosa

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
15 Luglio 2015 20:17
In appello, l’ex sindaco Ciro Caravà condannato a 9 anni per concorso in associazione mafiosa

In primo grado, il Tribunale di Marsala (collegio allora presieduto da Gioacchino Natoli), lo aveva assolto, adesso invece la Corte d’appello di Palermo lo ha condannato a nove anni di carcere. Si tratta dell’ex sindaco di Campobello di Mazara Ciro Caravà processato per concorso in associazione mafiosa. Ripercorriamo la vicenda.

Era il 16 dicembre 2011 quando Caravà, oggi 56 anni, veniva arrestato nell’ambito dell’operazione della Dda e carabinieri “Campus Belli”, a quell’epoca era alla guida di una giunta di centrosinistra.

Il Comune venne stato sciolto per infiltrazioni mafiose il 27 luglio 2012. L’ex primo cittadino, secondo l’accusa, avrebbe intrattenuto rapporti con esponenti della locale cosca capeggiata da Leonardo Bonafede, 82 anni, in passato condannato per mafia. Al centro delle indagini, avviate nel 2006, c’era uno dei “sodalizi criminali” considerato tra i più vicini al boss latitante Matteo Messina Denaro.

Oltre a Caravà (in foto al momento dell'arresto), la Corte d’appello di Palermo ha condannato, sempre a 9 anni, anche Gaspare Lipari, 47 anni, anch’egli assolto in primo grado, che secondo l’accusa avrebbe svolto una funzione di “collegamento” tra l’ex primo cittadino e Bonafede; per quest’ultimo è stata confermata l’assoluzione da intestazione fittizia di beni.

I giudici di secondo grado hanno, inoltre, confermato le assoluzioni da concorso esterno in associazione mafiosa degli imprenditori del settore olivicolo-oleario Antonino Moceri, di 63 anni, e Antonio Tancredi, di 54, e ridotto le pene, sempre a 9 anni, inflitte in primo grado a Simone Mangiaracina, di 77 anni, e Cataldo La Rosa, di 49, considerati il “braccio operativo” del capomafia Leonardo Bonafede; in primo grado Mangiaracina era stato condannato a 13 anni di carcere, mentre La Rosa a 12.

Secondo gli investigatori, la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara avrebbe mantenuto uno stretto collegamento con Messina Denaro e, “attraverso un pervasivo controllo del territorio”, sarebbe riuscita, secondo i magistrati ad “infiltrare progressivamente le attività imprenditoriali ed economiche dell’area”.

Francesco Mezzapelle

15-07-2015 22,00

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