Marsala, nuovo Tribunale: struttura “non funzionale”. Tempi lunghi per l’apertura

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
01 Febbraio 2016 07:55
Marsala, nuovo Tribunale: struttura “non funzionale”. Tempi lunghi per l’apertura

Già alla fine del 2014, gli avvocati marsalesi avevano iniziato a far pressing per l’entrata in funzione del nuovo Palazzo di Giustizia, realizzato nell’area tra via del Fante e corso Gramsci dove un tempo c’era lo stabilimento vinicolo Mirabella. Poi, è stato il Comune a spingere verso questo obiettivo.

E a tal fine, nei giorni scorsi, il sindaco Alberto Di Girolamo si è recato al Ministero della Giustizia.“Il nostro compito è terminato – dice il primo cittadino - Ora spetta al ministero decidere quando trasferirsi. Hanno avuto dei problemi circa la ripartizione degli spazi tra Tribunale e Procura della Repubblica. Nei prossimi giorni saranno a Marsala alcuni tecnici del ministero ai quali chiediamo di fare presto nel prendere una decisione”.

La sensazione, però, è che il trasferimento dall’attuale sede di piazza Paolo Borsellino alla nuova mega struttura non è affatto dietro l’angolo. Le inadeguatezze strutturali (dovute a errori di progettazione che non ne garantirebbero la piena funzionalità) evidenziate dall’ex presidente del Tribunale di Marsala Gioacchino Natoli sono, infatti, ancora tutte, o quasi, ancora da risolvere. E alcune non si sa proprio come risolverle. Come i pilastri al centro delle aule destinate alle udienze. Pilastri che, naturalmente, non consentiranno ai giudici di avere la completa visualità dell’aula.

Nell’aula più grande (vedi foto n.2), suggeriscono gli avvocati, si potrebbe superare il problema dei pilastri con la realizzazione di muri interni con i quali si creerebbero tre aule piccole. In tal caso, però, niente aula grande per i processi con più imputati. Inoltre, l’attigua stanza per le camere di consiglio dei giudici non ha un’uscita secondaria da utilizzare in casi d’emergenza. Una ventina d’anni fa, un collegio giudicante, subito dopo la lettura di una sentenza, fu costretto a battere velocemente in ritirata dall’uscita sul retro per la violenta reazione dei parenti degli imputati inferociti per le dure pene inflitte.

Altri pilastri nelle due aule più piccole. E’ qui il problema è ancora più serio perché le colonne sono proprio al centro! In tutto, le aule d’udienza sono cinque, mentre nell’attuale Tribunale sono sei. Con maggiori possibilità, dunque, di tenere udienze.

Il rischio, insomma, è che nella nuova struttura la macchina della giustizia subisca un rallentamento. Ci sono, poi, le stanze senza finestre. “Anziché come ufficio – dicono, però, gli avvocati – questi locali possono essere benissimo utilizzati come archivi”. Perplessità desterebbe, poi, anche il percorso che gli imputati detenuti dovrebbero seguire per arrivare nelle aule di udienza. Per non parlare del locale loro destinato ai carcerati nell’aula più grande. Una stanza troppo piccola con una vetrata che dall’aula non consente una piena visuale verso l’interno. Insomma, non è possibile avere pienamente sotto controllo i detenuti. E loro non riuscirebbero a vedere interamente l’aula. Ma secondo la maggior parte dei legali, sono sufficienti modesti interventi per ovviare agli “errori di progettazione”.

Altri addetti ai lavori (investigatori) evidenziano, infine, problemi di “sicurezza” agli ingressi. Sia l’ingresso principale, sul lato via del Fante (vedi foto n.1), che quello carraio, lato corso Gramsci, sono troppo ampi e bisognerebbe porre una sorta di barriera che impedisca a chiunque di entrare senza alcun controllo. Ma alla base di questo deficit di sicurezza c’è soprattutto il fatto che non si tratta di un unico corpo di fabbrica. Il nuovo Palazzo di Giustizia non è, insomma, un “fortino” come l’attuale, che per l’ex presidente Natoli è molto più funzionale.

Sempre Natoli - che da attuale presidente della Corte d’appello di Palermo, del cui distretto Marsala fa parte, potrebbe ancora avere voce in capitolo - ha già evidenziato che “sin dal marzo 2009, tutti gli organi istituzionalmente interessati (Ministero della Giustizia, Corte d’appello e Procura generale di Palermo, Comune di Marsala e società appaltante) sono stati informati delle criticità rilevate” e ciò “al fine di contribuire alla migliore soluzione possibile nell’interesse della collettività e dell’efficienza del servizio-giustizia”.

I “difetti di fabbrica” del nuovo palazzo di giustizia sono stati, insomma, evidenziati dalla presidenza del Tribunale quasi sette anni fa, ma chi doveva porvi rimedio non l’ha fatto. Ma sul punto, l’avvocato Giacomo Pipitone dice: “Sono stato consigliere comunale dal 2007 al 2012 e in Consiglio non abbiamo saputo nulla circa la segnalazione di queste criticità. In ogni caso, per accelerare il completamento del nuovo Palazzo di giustizia, abbiamo stanziato un altro milione di euro. Spesa, dunque, a carico del contribuente marsalese, anche se la nostra macchina della giustizia è al servizio di parecchi altri Comuni”.

Pare che neppure l’allora sindaco Renzo Carini sappia della segnalazione relativa alle “criticità”. Queste carte, dunque, in quali uffici si sono arenate? Chi spinge per il trasferimento, intanto, sottolinea che così il Comune risparmierebbe sui notevoli costi d’affitto (quasi 200 mila euro l’anno, solo in parte rimborsati dal ministero della Giustizia) sugli edifici che ospitano uffici del Tribunale, giudice di pace e alcune sezioni di pg della Procura: palazzo Halley e locali di corso Gramsci e via Struppa.

In questa vicenda, comunque, la stella polare da seguire non può che essere la soluzione che garantisca il miglior funzionamento della macchina della giustizia e pare che la soluzione non sia dietro l’angolo. A redigere il progetto esecutivo del nuovo Palazzo di Giustizia sono stati i tecnici dell’impresa che si aggiudicò l’appalto (un’ati di Brolo composta da Iride, capogruppo, Itaca, Airtemp Division e Corimar). E cioè l’ingegnere Giuseppe Falzea e gli architetti Mariano Tornatore e Patrizia Merlino. Responsabile unico del procedimento: l’ingegnere Gianfranco D’Orazio, ex dirigente (da poco in pensione) del settore Grandi Opere del Comune. Qualcuno pagherà mai per i costi supplementari addossati alla collettività?

A.P.

01-02-2016 8,45

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