“Una punta di Sal”. Destini incrociati…

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
13 Dicembre 2020 16:36
“Una punta di Sal”. Destini incrociati…

La storia dei pescatori si è intrecciata con quella dei quattro giovani libici partiti cinque anni fa da Bengasi con il sogno del mondo del pallone e condannati in Italia come assassini e trafficanti di migranti a 30 anni di carcere. A Mazara si contano i giorni e sono ormai oltre 100. Mariti, figli, padri attendono i loro 18 uomini sulla banchina del porto. Si avvicina il Natale. Gli equipaggi dei due pescherecci italiani, fermati al largo di Bengasi all'inizio di settembre sono ancora bloccati in Libia.

I nostri pescatori saranno costretti a passare il Natale in Libia? “Molto probabilmente sì”, risponde ad Aki-Adnkronos International Claudia Gazzini, esperta di Libia dell'International Crisis Group (Icg). Altra dichiarazione: “Stiamo facendo tutto il possibile per cercare di capire se c'è una strada per gli equipaggi dei pescherecci  bloccati in Libia.  E' una situazione complessa e non di facile soluzione”. Lo dice ad Aki-Adnkronos International l'avvocato Michele Andreano, incaricato dall'ambasciata libica a Roma di seguire il ricorso in Cassazione dei quattro libici partiti nel 2015 da Bengasi con in testa di sfondare nel mondo del calcio e condannati in Italia come assassini e trafficanti di migranti.

La loro storia si intreccia da settimane con quella degli equipaggi dei pescherecci italiani. Per i giovani libici, conferma il noto penalista romano, “aspettiamo che la Cassazione fissi l'udienza”. Ma, si dice,  se ne parlerà solo dopo Natale, cioè nel prossimo anno. “Nell'immediato sembra che la posizione di Khalifa Haftar rimanga quella del voler tenere i pescatori finché non si sblocca la situazione dei ragazzi in Italia” e “sull'iter legale in Italia bisognerà aspettare la seduta della Corte di Cassazione” - dice Claudia Gazzini.

Haftar ha preso nota del fatto che uno scambio di prigionieri non è possibile perché si tratta di un caso legale ancora aperto ed è in attesa di vedere una qualche evoluzione positiva del caso dei suoi ragazzi. Di fatto, il generale che lo scorso aprile lanciò un'offensiva per la conquista di Tripoli, è in attesa di “buone notizie dall'Italia”. “In cento giorni non si è riusciti a ottenere nessun progresso sul caso dei pescatori e -conclude l'esperta- non ci sono sviluppi che ci possano far pensare che da adesso al nuovo anno possano esserci soluzioni rapide”.

In sostanza si attende la sentenza della Cassazione per stabilire quale piega prenderà la situazione, subito dopo, sembra,  dovrebbe scattare il processo per i nostri 18 pescatori. Ecco spiegata la causa di questa lunga attesa per  portare in tribunale i marittimi mazaresi perché si attende  l’avvio del processo in Cassazione dei quattro  libici detenuti  in carcere. E così, su e giù nel tempo,  sembra di essere fermi al primo settembre. “Sono trascorsi cento giorni e non abbiamo ancora notizie dei nostri pescatori.

Dal Governo, dalla Farnesina non ci fanno sapere niente. Non ci danno alcuna speranza che per Natale i pescatori possano trascorrere le feste con i loro cari”. Hanno gli occhi rossi per il pianto le famiglie dei 18 pescatori e i loro lamenti sono strazianti.  Sotto la pioggia hanno schiena diritta e una lunga fascia esposta con la fatidica frase “Liberateli”.  A volte sembrano personaggi in cerca di autore di pirandelliana memoria ma, in questo caso, l’autore cercato sarebbe il ministro degli esteri o il capo del governo.

Un loro intervento diretto e con qualche compromesso economico a portata di mano, forse farebbe saltare l’attesa di una sentenza di Cassazione o, chissà, fare iniziare un processo veloce per giudicare i nostri 18 pescatori. A parlare con l'Adnkronos è Marco Marrone, armatore del peschereccio Medinea (l'altra imbarcazione sequestrata dalle autorità libiche è l'Antartide). “Le notizie sono sempre uguali, a parte la telefonata dell'11 novembre con i familiari dei pescatori italiani. Dal Governo ci dicono che stanno lavorando sotto traccia, senza fare rumore, perché sono cose delicate e conviene usare un profilo basso.

Intanto, sembra che non si muova niente”. Sul suo peschereccio ci sono due italiani e quattro tunisini. “Ma sono tunisini nati e vissuti sempre a Mazara - dice l'armatore - già da prima che io nascessi”. E continua: “Io spero che vengano trattati tutti allo stesso modo i 18 pescatori sequestrati, gli italiani e gli stranieri perché a novembre la telefonata è arrivata solo per gli otto italiani ma per noi sono 18 pescatori di Mazara del Vallo al di là della loro nazionalità”. Marrone si augura che i pescatori “tornino a casa prima di Natale ma non ho nessuna certezza, né dal Governo mi hanno dato nessuna speranza.

Sarebbe un bellissimo regalo per tutti noi”. Non sappiamo se il generale Haftar celebrerà il Natale perché anche i  musulmani lo festeggiano. Per la comunità islamica celebrare la nascita di Gesù Cristo non è un precetto e anzi il profeta Maometto diceva “Chiunque imita gli altri popoli, è uno di loro”. Non esiste nemmeno un esplicito divieto e Cristo viene considerato dai musulmani un importante profeta dell'Islam. Nel Corano, alla “sura” (capitolo) 9, si racconta che Maria, dopo aver ricevuto l'annuncio da parte di un angelo che avrà un bambino “puro” come “segno per gli uomini di misericordia”, si ritira nel deserto ma al suo ritorno i compaesani la offendono pensando che abbia perso il suo onore.

Poco dopo aver partorito, suo figlio, Gesù, inizia a parlare e così Maria può spiegare a tutti che suo figlio è un profeta. La “sura” si conclude negando il fatto che Gesù sia l’incarnazione di Dio: “Non si addice a Dio  avere figli. Quando decide una cosa, la determina dicendo “Così sia”, e questa avviene e perciò non è necessario festeggiare la sua nascita. Chi è di fede cattolica,  invece si,  anche se a  causa  del covid19 nascerà alle 20 e non alle 24 come è sempre accaduto.

Salvatore Giacalone (in copertina foto collage: sopra familiari pescatori sequestrati, sotto familiari libici condannati in Italia)  

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