“Una punta di Sal”. Trasformisti di ogni epoca e ad ogni livello

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
24 Gennaio 2021 12:27
“Una punta di Sal”. Trasformisti di ogni epoca e ad ogni livello

Trasformismo, che passione! Ecco il lato magico della politica, cioè quel fenomeno per cui una forza politica o un singolo individuo cambiano idea e colore da un giorno con l’altro, per convenienza, calcolo o illuminazione spirituale. La politica italiana è particolarmente soggetta a questo fenomeno a causa della sua struttura di fondo, che dà ampi poteri al Parlamento piuttosto che al governo: è sufficiente che un piccolo gruppo di deputati cambi casacca per influenzare in modo decisivo la politica nazionale, in modi non sempre chiari al grande pubblico. Va detto: non è che negli altri sistemi politici il trasformismo non esiste — semplicemente, può essere meno evidente; così come va detto che la capacità di cambiare idea o posizione può essere costruttivo, una prova di maturità politica o personale.

Negli oltre  150  anni di storia italiana moderna, però, si sono visti alcuni ribaltoni oggettivamente importanti o divertenti. Non sono mancati e non mancano, ad esempio, a Mazara del Vallo, specialmente in questi ultimi anni con le liste civiche che si presentano numerose ad ogni elezione amministrativa comunale. Un candidato viene eletto nella sua lista civica ma dopo qualche mese passa ad un altro raggruppamento ed alla fine della consiliatura avrà cambiato casacca due-tre volte. Non cade mai il sindaco perché eletto dal popolo ma il trasformismo determina, in consiglio comunale, dibattiti inconcludenti magari davanti a qualche telecamera con dichiarazioni barbose che, a volte, motivano la scelta.

Tutto il mondo è Paese ma al cittadino che ha votato per il candidato di una lista o di un partito, ritrovarlo dopo qualche mese o anno, militare sotto un’altra bandiera, dà non solo fastidio ma di essersi sbagliato  sul tipo di uomo o di donna sui quali ha investito le sue  simpatie, le sue idee, la sua fiducia. Certo la pratica del trasformismo non è di oggi e nemmeno di ieri, partiamo da lontano, da quando l’Italia nemmeno esisteva — esisteva però il Regno di Sardegna, che di lì a qualche anno avrebbe unificato il Paese, governato dal primo ministro Camillo Cavour.

Oggi viene ricordato, con buone ragioni, come uno dei padri della patria, ma pochi sanno che arrivò al potere attraverso un atto di trasformismo politico estremamente raffinato.1852. Cavour Benso Conte di Cavour fa parte del governo di centrodestra, presieduto da Massimo D’Azeglio, come ministro dell’Economia. Una posizione che non gli basta. Decide quindi di appoggiarsi al centrosinistra per destabilizzare il governo, facendo leva sull’opinione pubblica liberale che teme un irrigidimento delle libertà civili e di stampa.

Il governo D’Azeglio, grazie a questa manovra, cade nell’aprile 1852; viene imbastito un nuovo esecutivo, un governicchio, della durata di soli sei mesi. Nel novembre dello stesso anno Cavour diventa finalmente capo del governo, posizione che ricoprirà fino alla morte, nel 1861. Ed eccoci a Benito Mussolini. Un episodio risalente per la precisione al 1914. In quel momento Mussolini è uno degli esponenti più noti del Partito Socialista, dell’ala massimalista per la precisione, e il PSI è contrario all’entrata in guerra dell’Italia.

E’ appena scoppiata la Prima guerra mondiale, e noi stiamo ancora decidendo da che parte stare. Erano ancora i giorni in cui Mussolini definiva l’impresa coloniale italiana “un atto di brigantaggio internazionale” e il tricolore italiano “uno straccio da piantare su un mucchio di letame”. Da un momento all’altro, il 18 ottobre 1914, Mussolini diventa interventista, pubblicando sull’Avanti! un esplicito articolo a favore della guerra. Tempo un mese viene espulso dal partito, e fonderà un nuovo giornale, Il Popolo d’Italia.

La prima repubblica era un momento di giochi politici sottili, e più nascosti dello standard a cui siamo abituati oggi. La Democrazia Cristiana era praticamente costretta a stare al governo, in quanto unica forza capace di fronteggiare il PCI in quegli anni di blocchi e guerra fredda: ma era una forza politica molto variegata, i cui membri avevano posizioni molto diverse tra loro, divisa nelle cosiddette “correnti.” La prevalenza di una corrente o dell’altra determinava la politica del partito e dunque quella del Paese: per questo motivo poteva accadere che un mutamento interno impercettibile fosse di grande rilevanza.

Ci sono stati molti esempi di cambi di corrente non molto evidenti o scandalosi, oggi ormai dimenticati, ma che hanno segnato in modo profondo la storia politica nazionale. Ad esempio la decisione del democristiano siciliano Salvo Lima, legato a Cosa Nostra, di aderire alla corrente andreottiana nel 1964: adesione che permise ad Andreotti di acquisire un’importanza centrale nella politica italiana per tutto il quarto di secolo successivo. Lima verrà ucciso da Cosa Nostra nel 1992. Clemente Mastella viene ricordato in questo modo sulla pagina Wikipedia a lui dedicata: “Viene considerato come uno dei politici italiani più trasformisti, essendo passato diverse volte da schieramenti di centrodestra a coalizioni di centrosinistra (e viceversa) nella sua lunga carriera politica”.Mastella, in realtà, è la forma pura di politico democristiano, partito in cui ha militato fin dal 1976, che sta “al centro” e che cerca poi di barcamenarsi in base all’opportunità, non solo per interesse, ma anche — forse — perché ci crede davvero.

Nel 2006, con già vari cambi di sfumatura alle spalle, partecipa all’Unione, la coalizione di centrosinistra guidata da Romano Prodi, in cui ricopre il ruolo di ministro della Giustizia. Nel gennaio 2008, però, la moglie Sandra Lonardo viene posta agli arresti domiciliari in seguito a un’inchiesta in cui è coinvolto lo stesso Mastella. Questi, dichiarando di essere al centro di un attacco della magistratura, si dimette. Tempo nemmeno un mese il governo Prodi è caduto, e Mastella si dichiara pronto a candidarsi nelle liste di Berlusconi: il quale all’inizio lo accetta, ma poi lo rifiuta, a causa di alcuni sondaggi secondo cui il suo elettorato non sarebbe proprio entusiasta dell’idea.

Viene comunque eletto con il Pdl nel 2009 al Parlamento Europeo. Il Movimento 5 Stelle forse è un caso di trasformismo in senso stretto, che prevede un repentino cambio di idea per ottenere qualcosa, è più corretto definirlo  un “muta forma”  della politica, che basa la sua esistenza sulla fluidità più completa di scopi, ideologia e ragione di essere. Prima con la Lega poi con il Pd dopo che sono volate parole grosse con gli uni e gli altri. La lista sarebbe ancora lunga. Insomma, uscendo dalla Prima Repubblica e avventurandoci nel presente, il trasformismo politico ha subito una mutazione.

Non si può dire con certezza che sia aumentato, ma è senza dubbio diventato molto più evidente. Questo ha una causa ben precisa: la sempre maggiore inconsistenza delle proposte politiche, e la sempre maggiore importanza data agli slogan, alle frasi a effetto, al culto della personalità. È più facile dire tutto e il contrario di tutto, con sempre meno timore di essere smentiti. E’  importante però ricordare che la capacità di stringere accordi e di chiudere pagine politiche non è un difetto.

È una qualità e una forza di un sistema parlamentare come il nostro. Semplicemente, qualsiasi sistema politico deve essere animato da partiti e uomini politici all’altezza: e quelli italiani non sempre lo sono stati. Parliamo di uomini di partito e non di candidati nelle liste civiche, che sono lontani dalla politica attiva.  (In foto collage di copertina da sx Camillo Benso Conte di Cavour e Clemente Mastella). Salvatore Giacalone  

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