A 5 anni del sequestro Regeni (poi ucciso) e a 10 dalle “primavere arabe”, cosa resta?

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
25 Gennaio 2021 09:56
A 5 anni del sequestro Regeni (poi ucciso) e a 10 dalle “primavere arabe”, cosa resta?

Cinque anni fa, il 25 gennaio 2016, veniva rapito Giulio Regeni, il 28enne ricercatore italiano di Cambridge che si trovava al Cairo per una tesi di dottorato. Alcuni giorni dopo, il 3 febbraio, il suo corpo privo di vita, martoriato, con evidenti segni di tortura, fu trovato nella periferia della città, lungo la strada che raggiunge Alessandria. Da parte dell’Egitto vi è stato sempre silenzio sulla vicenda nonostante le richieste della Procura di Roma che indaga sull’assassinio di Giulio Regeni; anzi si sono verificati depistaggi e tentativi di insabbiare il caso.

Si da quell’Egitto oggi governato dal nuovo dittatore Al Sisi che ha fortemente deluso le aspettative di milioni di egiziani che proprio 10 anni fa con le manifestazioni di piazza Tahir insorsero chiedendo libertà, democrazia e uguaglianze, provocando la scacciata del “faraone” Mubarak. Nei giorni scorsi il procuratore Michele Panepinto ha chiesto un rinvio a giudizio per quattro 007 egiziani indagati per la morte del giovane Giulio. Il Consiglio Esteri Ue proprio oggi, in occasione dell’anniversario del sequestro, discuterà il caso Regeni.

Dopo quell’assassinio è partita una campagna di Amnesty International intitolata “Verità per Giulio Regeni”. Come se non bastasse nell’ultimo anno un altro caso scuote i tesi rapporti fra Italia e Egitto, ed è quello dello studente Patrick Zaki, studente egiziano dell’Università di Bologna che si trova ancora in carcere al Cairo con l’accusa di propaganda sovversiva. Amnesty International ha denunciato la sistematica violazione in Egitto dei diritti umani: tra novembre e dicembre sono stati messi a morte 57 prigionieri, donne incluse, quasi il doppio delle esecuzioni capitali di tutto il 2019.

Nel febbraio scorso, dopo qualche giorno l’arresto di Zaki in Egitto, a Roma in via Salaria, sul muro che circonda Villa Ada, a pochi passi dell'Ambasciata d'Egitto, apparve l’opera (vedi foto copertina) della Street Artist Laika che ritrae Giulio Regeni che abbraccia Zaki, con indosso una divisa da carcerato. Davanti alle due figure campeggia la parola "Libertà" scritta in lingua araba. Nell'opera, Regeni rassicura Zaki, dicendogli: "Stavolta andrà tutto bene". Contestualmente bisogna interrogarsi su quale sia la situazione in quei Paesi, quali l’Egitto appunto, ma anche la Tunisia e la Libia che proprio dieci anni fa furono  scossi dalla cosiddetta “primavera araba” che vide protagonisti soprattutto i giovani grazie al loro utilizzo, funzionale e consapevole, dei social.

Di quella stagione sembra rimasto ben poco, anzi con certezza possiamo affermare che la situazione è peggiorata rispetto al periodo precedente, vedi il caos nel quale versa la Libia, un Paese diviso in più parti e con l’invasiva presenza di potenze straniere, in primis la Turchia del “sultano” Erdogan che quotidianamente nel suo Paese fa arrestare presunti oppositori e manifestanti. In Tunisia nonostante il nuovo regime democratico si scende nuovamente nelle strade per protestare contro lo stato di miseria di gran parte della popolazione e l’inadeguata azione del nuovo governo di rispondere alle difficoltà anche di fronte all’emergenza covid.

Insomma più che di “primavera” si può ben parlare di pieno “inverno”. Scriveva  il poetra inglese Percy Shelley, a conclusione della sua “Ode to west wind”: “If winter comes, can spring be far behind?”. Ci sarà l'inverno, duro, ma come sempre tornerà la primavera. Dopo tanto dolore e tanta sofferenza la vita può e deve rinascere. Francesco Mezzapelle

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