Maxiprocesso, 40 anni fa veniva depositata l'ordinanza-sentenza istruttoria

Redazione Prima Pagina Marsala

Ricorre oggi il quarantesimo anniversario di una delle date più decisive nella storia della lotta dello Stato alla mafia. La sera dell'8 novembre 1985 fu depositata, presso la presso Cancelleria dell'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, l'ordinanza-sentenza contro Abbate Giovanni + 706 che chiuse l'istruttoria e aprì la strada al Maxiprocesso, il dibattimento più grande mai intrapreso contro Cosa Nostra.

Il documento, un colosso di oltre 8.600 pagine che rinviò a giudizio 476 imputati, non fu un semplice elenco di reati, ma la formalizzazione della tesi, rivoluzionaria per l'epoca, sostenuta dal Pool Antimafia: Cosa Nostra era un'entità unitaria, verticistica e gestita da una "Cupola" criminale. A forgiare questa prova irrefutabile furono magistrati coraggiosi, tra cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il cui lavoro fu reso possibile dalle rivelazioni dei primi collaboratori di giustizia, come Tommaso Buscetta.

Per portare a termine questo lavoro in un clima di minacce e attentati (che avevano già colpito duramente le forze dell'ordine nell'estate del 1985), i magistrati furono costretti a un isolamento estremo nella foresteria del carcere dell'Asinara. Lì, tra sacrifici personali e una corsa contro il tempo, completarono l'atto che innescò il Maxiprocesso, il quale, attraverso i gradi di giudizio, avrebbe stabilito legalmente la natura mafiosa dell'organizzazione, ponendo fine al mito della sua invincibilità.

Il legame di questa epopea con il territorio di Marsala è profondo e non casuale. Poco dopo l'avvio del dibattimento, nel 1987, Paolo Borsellino scelse di assumere la carica di Procuratore della Repubblica a Marsala. Non fu una scelta di ripiego, ma una mossa strategica per portare l'azione giudiziaria nel complesso trapanese, una provincia storicamente legata ai clan più potenti, tra cui quello del boss mazarese Mariano Agate, stretto alleato dei Corleonesi di Totò Riina.

Da Marsala, Borsellino si adoperò per rivitalizzare l'ufficio, circondandosi di giovani magistrati e combattendo l'iniziale "incomunicabilità totale tra gli organi di Polizia e Carabinieri", una situazione che, come denunciò lo stesso Procuratore davanti alla Commissione Antimafia nel dicembre del 1986, non faceva che aiutare la criminalità organizzata.

L'ordinanza-sentenza istruttoria dell'8 novembre 1985, che oggi celebra i suoi quarant'anni, costituisce un precedente giudiziario ineludibile e la base metodologica di ogni inchiesta successiva sul fenomeno mafioso. Essa resta il pilastro su cui è stata costruita la lotta alla criminalità organizzata in territori complessi come quello marsalese e delle sue contrade, fornendo il modello interpretativo essenziale per contrastare la struttura unitaria di Cosa Nostra.