Processo per prostituzione in una casa a Mazara, pm chiede assoluzione ex assessore Calafato

Redazione Prima Pagina Marsala

Il pubblico ministero Antonella Trainito ha chiesto l’assoluzione dell’ex assessore comunale Vincenzo Calafato dall’accusa di aver consapevol- mente affittato un suo appartamento nel centro di Mazara al pregiudicato Vittorio Misuraca affinché alcune donne sudamericane vi si prostituissero.

“Non ci sono prove – ha detto il pm- che Calafato fosse a conoscenza che nell’abitazione data in locazione a Misuraca si esercitasse la prostituzione, anche se è verosimile che sapesse. E non c’è prova che il canone d’affitto fosse esageratamente alto tale da ipotizzare lo sfruttamento”.

Calafato avrebbe voluto rendere dichiarazioni spontanee in aula, ma dopo aver ascoltato il rappresentante dell’accusa invocare l’assoluzione ha desistito. Che nel suo appartamento si esercitasse la prostituzione è stato accertato.

Vittorio Misuraca, infatti, ha patteggiato una condanna per sfruttamento e favoreggiamento. E la colombiana Sandra Patricia Bossa Valdes ha confermato in aula che si prostituiva. E come lei, per alcuni periodi, anche la sorella e un’amica.

Nel corso del processo, la Bossa Valdes, rintracciata dall’avvocato difensore Mariella Martinciglio, ha difeso Calafato. “Calafato – ha detto la donna - l’ho visto solo due volte. Vittorio mi presentò come la sua ragazza e mi diceva che io non dovevo parlare con Calafato, che non doveva sapere che lavoravo come prostituta”. Anche Misuraca, in Tribunale, ha detto che Calafato non sapeva nulla di quello che accadeva nel suo appartamento. “Quando lo seppe – ha detto Misuraca – Calafato mi cacciò. Io gli avevo detto che l’appartamento mi serviva per adibirlo a ufficio”.(In foto 1 l'appartamento di via Tenente Gaspare Romano dove sarebbe avvenuto il giro di prostituzione)

Con la stessa accusa mossa a Calafato è imputato un altro mazarese, Francesco Maiale. Anche per lui il pm ha chiesto l’assoluzione. Il pm ha, invece, chiesto la condanna, a 3 anni e mezzo di carcere, per un vigile urbano, Leonardo Di Giorgi, accusato di aver avuto un rapporto sessuale con la prostituta sudamericana, ma di non averla pagata.

L’indagine, svolta dai carabinieri, nel 2013 scattò a seguito di una segnalazione anonima, secondo la quale il giro di squillo sarebbe stato composto “da tre brasiliane, delle quali due sono in servizio a turno, con tariffe base di 50 e 100 euro”. Il maggior “via vai” sarebbe stato nella “pausa pranzo”.

Molti clienti, comunque, contattavano le prostitute attraverso i numeri di telefono riportati in annunci pubblicati su siti internet e giornali. Nel corso della telefonata veniva concordata la prestazione ed il prezzo. L’attività d’indagine, durata per diversi mesi, ha consentito di accertare un giro d’affari elevato con una clientela eterogenea proveniente da tutta la provincia.

Particolare curioso: a far capire a chi era fuori che le ragazze erano in casa e disponibili agli incontri era un cappello di paglia poggiato sul davanzale della finestra dell'appartamento (vedi foto n.2). Se non c’era, era inutile suonare il campanello. 

Della ‘casa chiusa’ sempre secondo la fonte, alcuni organi di polizia sarebbero stati a conoscenza, ma sarebbe mancato fino a quel momento fa l’elemento del reato: lo sfruttamento della prostituzione.

L’attività sarebbe stata in passato “gestita da un indigeno con italiane – continuava la segnalazione – ora si è ingrandita ed è pieno di giovani”. Il sabato, in particolar modo, e nei feriali all’ora di pranzo era possibile notare numerosi movimenti attorno all’abitazione”. Ai primi di novembre 2013, dopo una serie di intercettazioni, pedinamenti e appostamenti, scattò l’operazione dei carabinieri di Mazara sfociata nel processo.

A.P.

07-03-2016 22,30

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