Santo Stefano nelle contrade marsalesi tra fede e il fascino perduto delle tradizioni
Nelle periferie di Marsala – da Strasatti a Terrenove, passando per le zone più interne – il giorno di Santo Stefano conserva ancora l’eco di un passato fatto di riti antichi e di una socialità che oggi appare sbiadita. Un tempo, queste erano le ore in cui il mondo contadino lilibetano celebrava il suo legame più intimo con la terra e la fede, seguendo consuetudini oggi dimenticate ma documentate dagli studiosi delle nostre tradizioni.
Storicamente, per le famiglie delle contrade, Santo Stefano non era solo un’estensione del Natale, ma il momento del ringraziamento. Come evidenziato dai saggi sul folklore marsalese, in particolare negli studi di Antonio Calcara, le festività nelle borgate erano profondamente legate al ciclo agricolo. Santo Stefano, il primo martire, veniva visto popolarmente come il "testimone" delle promesse fatte a Dio.
Era il giorno dello "scioglimento dei voti": durante l’Avvento, molti contadini facevano promesse ai santi per la salute di un caro o per la buona riuscita del lavoro nei campi. Questo atto di devozione si concretizzava spesso con la "promessa del pane" o con piccole donazioni alle parrocchie rurali, come quelle di Strasatti o Paolini. Un’usanza che, come ricorda Calcara nel testo Folklore e valore: artigianato e feste popolari a Marsala, serviva a "chiudere i conti" con il sacro prima dell'inizio del nuovo anno solare.
Anche le fonti giornalistiche dell'epoca, conservate negli archivi storici di Trapani Nostra, restituiscono l’immagine di una Marsala rurale in movimento nel giorno di Santo Stefano. Nel secolo scorso, il 26 dicembre era il giorno dedicato alla visita ai santuari e alle piccole cappelle disseminate nelle contrade. I fedeli portavano ex-voto simbolici, piccoli oggetti che raccontavano storie di guarigioni o ringraziamenti per la riuscita della vendemmia, legando indissolubilmente la sopravvivenza economica della famiglia alla protezione divina.
Accanto alla fede, c'era la convivialità dei circoli. Il pomeriggio di Santo Stefano vedeva i locali delle associazioni riempirsi per i grandi tornei di carte, come la Primiera o il Sette e mezzo. Non era solo svago: parte del "piatto" veniva spesso destinata alla raccolta fondi per le imminenti feste parrocchiali di gennaio, garantendo alla comunità i festeggiamenti per l'Epifania o per i santi patroni locali.
Oggi queste atmosfere appaiono lontane, sostituite dalla fretta della modernità. Eppure, riscoprire che a Marsala il 26 dicembre è stato per secoli il giorno della gratitudine e della solidarietà tra vicini aiuta a leggere con occhi diversi il nostro presente. Forse, tra un evento moderno e un mercatino, ci sarebbe ancora bisogno di quel senso di comunità che trasformava una promessa del pane in un gesto per il bene di tutti.