“Contro l’antimafia” di Giacomo Di Girolamo. Per ridare senso all’antimafia
Cos’è esattamente “Contro l’Antimafia”, il nuovo libro di Giacomo Di Girolamo?
Un pamphlet? Un anatema? Un’invettiva? Un redde rationem?
Loredana Lipperini, a Farehneit, durante l’intervista all’acrobatico “Volatore”, lo ha definito “Un disperato tentativo di ridare senso all’Antimafia”: è l’ipotesi che più mi convince.
Il tono, infatti, è amaro, accorato, dolente: Di Girolamo, non si auto-celebra.
Prima di registrare quella del movimento antimafia, racconta della sua personale sconfitta. Che non ne fiacca, però, la volontà di continuare a scandagliare gli interna corporis dell’antimafia.
Sicché, se In “Cosa Grigia” descrive lo stato dell’arte di ‘Cosa Nostra’– spazzando via tanti stereotipi, introducendo efficaci paradigmi – oggi, con questo suo conte philosophique, lacera il velo di Maya dell’ ‘antimafia reale’: opportunismi, affari, carriere, “ricchi premi e cotillons”.
Niente di nuovo sotto il sole: accade a tutti gli organismi che, cresciuti troppo e troppo in fretta, ad un certo punto implodono a causa dell’inadeguatezza dei gruppi dirigenti. Lasciando ai fondatori, il gravoso compito di formarne di nuovi con criteri più rigidi di selezione.
Conditio sine qua non, quest’ultima, per orientare, governare, guidare l’impetuoso, caotico sviluppo del variegato movimento antimafia, mettendolo al riparo dal rischio di un probabile, devastante ‘effetto boomerang’, capace di polverizzare in un attimo quanto di utile, di buono, di bello l’associazionismo antimafia ha saputo realizzare nell’ultimo ventennio.
Ma, tornando alle opinioni su “Contro l’antimafia”.Tra quelle che ho ascoltato nell’ambito del mio gruppo di amici – residuale agorà al tempo di internet e dei corpi intermedi desaparecidos – sento di poter condividere le seguenti:
1) L’Autore attacca i tifosi felpamuniti di “Libera”: è così sicuro che il “tifo” (e ciò che sottende: bisogno di “appartenenza”, urgenza di partecipare, necessità di uscire dall’anomia, fuga dalla “ Waste Land” dell’indifferenza) sia, sempre e comunque, un ‘sentiment’ totalmente negativo?
2) L’intera narrazione scorre su un pericolosissimo crinale: Di Girolamo, in molti frangenti, sembra voler gettar via, oltre all’acqua sporca, anche il bambino.. La scelta di confutarle o meno, credo sia giusto lasciarla all’Autore. Quelli sottoelencati sono, invece, i giudizi da cui, in tutto o in parte, dissento.
A)“E’ un’opera che disintegra ogni barlume di speranza..”. Non sono per niente d’accordo: l’autore non chiude, affatto, la porta ad ogni aspirazione di rinascita del movimento antimafia. “Contro l’Antimafia”, é un’opera che, semmai, intende arginare il crollo verticale di credibilità del movimento, analizzandone lucidamente contraddizioni e limiti e auspicandone una rinascita fondata su una parola: ‘Re-spon-sa-bi-li-tà’.
Del resto, é in buona compagnia, Di Girolamo, quando chiede all’arcipelago di Associazioni, Nomi e Numeri ‘Contro le Mafie’, di formare una nuova classe dirigente davvero all’altezza delle sfide che il movimento antimafia, oggi, ha davanti.
Medesima richiesta, ha formulato uno dei più prestigiosi dirigenti di “Libera”: Franco La Torre. E, per lesa maestà, l’ingombrante eretico è stato delicatamente messo alla porta. Con un sms...
B) “Dal cielo plumbeo che incombe sui destini dell’antimafia, Di Girolamo non lascia penetrare nemmeno un debole raggio di sole. Eventuali notizie di sparute ‘best pratics’ disseminate in giro per il Belpaese? Non pervenute”.
Montante, Saguto, Helg e, per restare sul pezzo, Adriana Musella: basterebbero questi nomi a togliere l’aureola al movimento antimafia.
Ciononostante, qualche timido raggio di sole, non bisogna mai stancarsi di farlo filtrare. La “Calcestruzzi Ericina”, sul problematico versante dei beni confiscati.
Qualche agguerrito presidio di “Libera”, disseminato sull’italico suolo. Qualche dignitoso ‘Progetto Legalità’, realizzato nelle scuole d’ogni ordine e grado. Qualche proficuo percorso di “Educazione alla Cittadinanza”, ideato per ‘minori a rischio’.
Non mancano, di certo, le ‘Buone Pratiche’, a volerle cercare. E, tra quest’ultime, paradossalmente, non sfigurerebbe quella del “cronista a chilometro zero”.
Un cronista di razza che, dagli insondabili abissi della provincia di Trapani –“la più mafiosa d’Italia”- ci racconta ogni giorno (dal portale, dalla radio, dalle pagine dei suoi libri) la catastrofe antropologica, prima che etica, politica, culturale dell’ex-Belpaese. Non da ‘giornalista antimafia’: da giornalista e basta.
G. Nino Rosolia
09/04/2016
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