Liberty Airlines, "cristiani a morire non ne porto", diceva un Comandante

Redazione Prima Pagina Marsala

Una maxi inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Trapani ha travolto la Liberty Lines, la principale compagnia di navigazione che assicura i collegamenti marittimi rapidi con le isole minori della Sicilia: Eolie, Egadi, Pelagie, Pantelleria e Ustica. Su disposizione della Procura, la Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Trapani ha eseguito un imponente sequestro preventivo del valore di oltre cento milioni di euro a valere sull'intero compendio aziendale e sulle quote sociali della società.

Il provvedimento scaturisce da gravi ipotesi di reato che vedono quarantasei persone indagate, tra cui i vertici della compagnia come il presidente del Consiglio di Amministrazione e il direttore generale. Le accuse ipotizzate dagli inquirenti sono pesantissime: si va dalla truffa ai danni dello Stato alla corruzione, fino alla frode nell’esecuzione di un servizio pubblico, reati che sarebbero riconducibili alla governance, alla compagine sociale, ai manager e ai dirigenti della Liberty Lines.

Al centro dell'indagine, coordinata dal procuratore Gabriele Paci, ci sono i contributi erogati dalla Regione Siciliana per garantire l'essenziale servizio di trasporto verso le isole. Secondo l’accusa, la Liberty Lines avrebbe omesso di segnalare all'ente regionale ben una settantina di avarie registrate in due anni su traghetti e aliscafi. La mancata comunicazione di queste presunte violazioni contrattuali avrebbe impedito alla Regione di avviare i necessari controlli, consentendo alla società di incassare indebitamente i contributi pubblici, nonostante le irregolarità potessero portare alla revoca della concessione.

Gli atti di indagine farebbero emergere un quadro preoccupante, con intercettazioni che rivelano una potenziale sottovalutazione dei rischi. Una frase forte attribuita a un comandante, “io cristiani a morire non ne porto”, riferita a un mezzo presumibilmente in avaria, unitamente a dirigenti che si sarebbero lamentati della segnalazione di problemi “di merda” sui documenti di bordo, alimenta il sospetto che l'obiettivo primario fosse nascondere l’inefficienza della flotta per mantenere i fondi regionali. Le fiamme nella sala macchine o i quadri elettrici in fumo sarebbero solo alcuni degli episodi di cui non ci sarebbe traccia nei documenti ufficiali.

L'inchiesta non si ferma però alla frode: un capitolo è dedicato anche all'ipotesi di corruzione, con alcuni indagati che avrebbero passato notizie riservate su indagini in corso da parte della Capitaneria di Porto ai dirigenti della compagnia. L'informazione, talvolta veicolata tramite messaggi WhatsApp contenenti le foto delle relazioni, sarebbe stata scambiata in cambio di biglietti per traghetti e aliscafi, e in almeno un caso, di un posto di lavoro. Per nove degli indagati, tra cui spiccano l'amministratore delegato, il presidente del CdA e il direttore generale, la Procura ha chiesto una misura cautelare.

A tutela della continuità del servizio pubblico di collegamento con le isole minori e dei livelli occupazionali, la Procura di Trapani ha prontamente nominato un collegio di amministratori giudiziari, composto da due dottori commercialisti e un avvocato, con il compito di “ripristinare le condizioni di legalità”. Nonostante il sequestro, la società assicura che il servizio pubblico proseguirà regolarmente. Intanto, i legali della compagnia e degli azionisti hanno già annunciato battaglia, esprimendo fiducia in un esito positivo delle indagini e promettendo di presentare al giudice tutti gli elementi che a loro avviso impongono l’annullamento del sequestro per riottenere la piena operatività della Liberty Lines, che secondo loro è stato emesso in carenza di ragioni di urgenza e di presupposti di legge.