Continua a essere motivo di polemica il comportamento tenuto verso bagnanti locali e turisti dai gestori del lido accanto alle torri di San Teodoro, che secondo alcuni si atteggiano a veri padroni di una spiaggia che hanno in concessione, ma di cui, ovviamente, non sono proprietari. Il vero padrone è il Demanio Marittimo. Dunque, lo Stato.
Eppure, c’è chi denuncia che i gestori, con atteggiamento piuttosto deciso, avrebbero intimato a diverse persone in transito verso la punta nord dell’Isola Lunga di non sostare sulla spiaggia o nei primi metri di mare. A meno che non pagavano per avere a disposizione sdraio e ombrellone. (foto n.1 spiaggia di San Teodoro)
Il caso, adesso, è approdato anche all’Ars, con una interrogazione di Valentina Palmeri (M5S). La parlamentare regionale chiede di accertare quanto denunciato dai visitatori. Quindi, se è vero che è stata installata a ridosso del lido una catena che chiude parte dell’accesso alla spiaggia; se i turisti che sostano nell’arenile davanti al lido vengono costretti ad allontanarsi, non consentendo loro brevi fermate; e se pure quelli che si trovano nelle acque davanti al lido vengono costretti ad allontanarsi, non consentendo loro di potere usufruire delle stesse acque. Questo problema pare vada avanti, incredibilmente, da tempo immemore. “Se cosi fosse, – conclude l’on. Palmeri – si provveda urgentemente a sanzionare i gestori del lido Torre San Teodoro, il comportamento tenuto sarebbe infatti in palese contrasto con tutte le normative afferenti alle concessioni demaniali delle spiagge”.
Una settimana fa, a denunciare che i titolari del lido avevano “cacciato” dei visitatori che stazionavano in spiaggia era stato un giornalista de L'Osservatore D'Italia, Angelo Barraco. "Un uomo- racconta - ci dice che non potevamo sostare ma solo transitare. Noi eravamo stupiti da tutto ciò e abbiamo chiesto spiegazioni, ma l’uomo ha ribadito che la spiaggia era di sua proprietà e che non si poteva sostare sulla spiaggia ma soltanto transitare e che nemmeno i nostri zaini su quel muretto potevano stare.
Stupiti e increduli da tutto ciò ci rechiamo all’ingresso della spiaggia dove c’era un cartello con dei divieti, andiamo a controllare se c’era il timbro comunale che ne confermava la veridicità, ma non c’era nessun timbro, chiediamo all'uomo dove fosse il timbro comunale ma non ci arriva risposta. Allora incontriamo tanti altri turisti, del nord Italia, di altre parti della Sicilia che erano scioccati dal comportamento dell’uomo che li aveva persino cacciati dall’acqua perché si trovavano nello spazio d’acqua dove l’uomo teneva giochi, altalene ecc.
Inoltre c'era un altro cartello uguale di divieti molti metri prima dell'ingresso, uno a ridosso della spiaggia dove vi era anche una catena che chiudeva anche parte dell'accesso alla spiaggia. Noi che facciamo? Decidiamo di ritornare sullo stesso punto dove ci trovavamo all’inizio ed ecco che cosa è successo”.
I gestori del lido sono i coniugi Giuseppe De Vita e Ombretta Nizza, qualche anno fa saliti agli onori della ribalta perché finiti sotto processo, in tribunale, con l’accusa di avere preteso un “pedaggio” dai camionisti che, trasportando il sale dall’Isola Lunga alla terraferma, attraversavano la spiaggia. Il 3 febbraio 2014, però, il giudice monocratico Riccardo Alcamo derubricava l’accusa di estorsione mossa a De Vita in esercizio arbitrario delle proprie ragioni, sentenziando il “non luogo a procedere” per remissione della querela a suo tempo sporta dai camionisti.
Mentre per la 42enne Ombretta Nizza, moglie di De Vita e titolare della concessione demaniale, il giudice decretò l’assoluzione dall’accusa di minacce. Nel febbraio 2008, De Vita fu arrestato dai carabinieri per aver preteso e ottenuto il pagamento, tra il 2007 e il 2008, di 16 mila euro da tre camionisti che trasportavano sulla terraferma il sale prodotto dalla Sosalt sull’Isola Lunga.Ombretta Nizza fu, invece, denunciata a piede libero perché, secondo gli investigatori, avrebbe minacciato le vittime affinché ritrattassero.
Per entrambi gli imputati, difesi dall’avvocato Giacomo Frazzitta, il pm aveva chiesto la condanna a 4 anni e 3 mesi di reclusione. “Era solo un rimborso per i danni provocati alla spiaggia dai pesanti autocarri – si sono sempre difesi i due protagonisti della vicenda – e poi quei mezzi pesanti non avrebbero potuto attraversare la riserva naturale dello Stagnone. A proibire il passaggio anche un’ordinanza emessa nel 2002 dalla capitaneria di porto”.
P.A.
03-09-2015 9,30
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