Dionisiache 2019, ”Le donne al Parlamento” in scena il 26,27 e 28 luglio al Teatro di Segesta

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
25 Luglio 2019 18:26
Dionisiache 2019, ”Le donne al Parlamento” in scena il 26,27 e 28 luglio al Teatro di Segesta

Venerdì 26 e Sabato 27 e Domencia 28 Luglio ore 19.45 nell'ambito del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019 andrà in scena presso il Teatro greco di Segesta l'opera "Le donne al Parlamento" di Aristofane, per la traduzione di Ettore Romagnoli e la regia di Giancarlo Sammartano con Giorgia Trasselli, Giancarlo Ratti (in fotocopertina), Paolo Floris e Tommaso Sassi e con Elisa De Paolis, Maria Beatrice Giovani, Vanessa Litttera, Alisia Pizzonia, Marco Rinaldi, Alessandro Zinna e Ludovica Alvazzi del Frate.

Costumi di Daniela Catone e Musiche di Stefano Marcucci. Ecco alcune note dello spettacolo voluto e inserito nel calendario dell'edizione annuale delle Dionisiache da parte del suo direttore artistico Nicasio Anselmo. Argomento. Alcune donne, capitanate da Prassagora, stanche del malgoverno imperante ad Atene, si riuniscono a notte fonda per definire il loro piano: munite di bastoni, calzari e mantelli sottratti agli ignari mariti addormentati, con l’aiuto di barbe finte si recheranno per tempo all’Assemblea, occuperanno la maggioranza dei posti e, presentata la rivoluzionaria proposta – Il governo alle donne!- la faranno facilmente approvare.

Sarà un terremoto politico, sociale e culturale. Di questo il pubblico sarà informato -insieme a Blèpiro, marito di Prassagora, rimasto a casa in mutande, da un certo Crèmete. I due, dopo l’iniziale sconcerto, convengono che la cosa avrà in fondo i suoi vantaggi: gli uomini privati sì del potere, saranno però liberi da impegni e potranno darsi alla dolce vita. Alla base del nuovo regime c’è il comunismo dei beni e delle donne: con l’abolizione della proprietà privata si eviteranno furti e rapine.

Nessuno infatti avrà più interesse a rubare ciò che è anche suo. E con le donne in comune non ci sarà più certezza di paternità, cosicché ogni bambino, ogni ragazzo rispetterà come possibile genitore ognuno degli adulti. Inoltre il nuovo sistema decreta la parità assoluta tra le donne giovani e le vecchie, tra le belle e le brutte. Ne discende che ogni cittadino che voglia accoppiarsi con la giovane e bella che più gli aggrada, dovrà prima soddisfare la più brutta delle vecchie. Il sistema però, di sorpresa in sorpresa, mostrerà i suoi comici e surreali intoppi, fino allo scioglimento di un lieto fine culinario, non senza un malinconico sorriso per la mancata rivoluzione delle donne.

Note di regia. A quasi 2500 anni dalla grande stagione della democrazia ateniese sotto i tetti crollati delle ideologie del ‘900, si sono esaurite molte energie positive, molte coscienze luminose si sono spente. L’utopia del mutamento cede mestamente al realismo del possibile. Il teatro, povero nella sua natura materiale, fragile per la sua viva fisicità, per sopravvivere deve almeno avere qualche idea, costruire intorno a sé. Così queste Donne al Parlamento (nella traduzione di Ettore Romagnoli, che al rigore della filologia, sa mescolare un boccaccesco sarcasmo teatrale) sono, per Fondamenta Teatro e Teatri, l’approdo consapevole al Maestro de Le Nuvole, de Gli Uccelli, de La Pace, quell’Aristofane che conosceva così bene l’arte di coniugare riso e malinconia, nostalgia del passato e speranza del futuro.

La sua maschera, il suo gesto, la sua sapienza filosofica del mondo mostrano ancora i poli di un dibattito inesauribile tra la bellezza immutabile di una natura crudele e la deformità travolgente della società degli uomini. Le Donne al Parlamento sono così esercizio di stile, funambolismo teatrale tra dizione e gesto, azione collettiva, petulante allegria e malinconia della sera; nostalgia di un valore perduto chissà dove, spazzato via tanto tempo fa con le briciole della giovinezza. Il paradosso comico del mondo alla rovescia mostra nel grottesco una bruciante verità: che la società degli “uomini”, nel suo insieme non ha saputo costruire che una lenta, inesorabile distruzione comune.

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