In un libro la tragedia di Ventrischi di 50 anni fa: 9 morti intossicati dentro un pozzo

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
23 Giugno 2015 11:14
In un libro la tragedia di Ventrischi di 50 anni fa: 9 morti intossicati dentro un pozzo

Una tragedia che solo i marsalesi più anziani ricordano. E’ quella che si consumò, il pomeriggio del 25 giugno 1965, in fondo ad un pozzo di contrada Ventrischi. Un pozzo profondo 25 metri nel quale morirono, in rapina successione, nove persone (tra cui anche due donne). Tutte per le esalazioni tossiche (ossido di carbonio) del motore a scoppio utilizzato per tirare su l’acqua. Il primo era quello che aveva azionato il motore, Erasmo Bua, il proprietario del pozzo. Gli altri si calarono, uno dopo l’altro, nel disperato e inutile tentativo di salvare la vita chi era già sceso.

Tutti erano parenti e vicini di casa. E altri sarebbero potuti morire, anche loro intossicati, se ad un certo punto un contadino della zona, Salvatore Sciacca, memore di quanto accaduto dieci anni prima nella vicina contrada Pastorella (due morti dentro un pozzo per le esalazioni di ossido di carbonio), non avesse capito che ormai non c’era più nulla da fare per chi era giù e chiunque altro sarebbe sceso avrebbe fatto la stessa fine. Per questo motivo, impedì ad altri coraggiosi volontari di scendere in fondo al pozzo. E per fermarli dovette imbracciare un forcone. “Basta! – disse - Non scende più nessuno!”.

Adesso, quella vicenda è raccontata in un libro, “Il pozzo assassino di Villapetrosa”, scritto da Filippo Piccione (l’autore de “Il bracciante di Berbero di Marsala”), che verrà presentato giovedì sera, proprio nel 50° anniversario della tragedia, nel “chiano” davanti Villa Petrosa, a poche decine di metri da quel pozzo maledetto. Tra i soccorritori morti nel pozzo c’era anche un giovane, Filippo Angileri, appena ventenne, con il quale l’autore del libro, immaginando che sia sopravvissuto, “instaura – come si legge nella controcopertina del volume - un toccante dialogo, analizzando i fatidici momenti di quella giornata e, in un vertiginoso andirivieni temporale, scandaglia la storia d’Italia fino ai giorni nostri”.

Ne viene fuori così un “lucido ritratto di mezzo secolo di storia in cui le dinamiche politiche, gli intrecci fra criminalità organizzata e le stanze del potere, i pochi slanci culturali e le troppe sciagure si rincorrono senza soluzione di continuità”. E’ un “viaggio tra i ricordi, la memoria e la nostalgia, quel ponte fra un passato perduto e un futuro ignoto, nel quale si spera che qualcosa potrà accadere, pur sapendo che difficilmente avverrà”. Quella stessa nostalgia che l’autore prova per la nipote Anna Maria Licari, prematuramente scomparsa, alla quale ha affidato l’immagine di copertina. “Uno struggente ringraziamento – si conclude nella controcopertina – a chi, attraverso la pittura, è riuscito a trasporre in immagini l’universo della parola scritta”.

Giovedì prossimo, a precedere la presentazione del libro sarà, sempre nello spazio antistante Villa Petrosa, una messa in suffragio delle nove vittime. Gli otto soccorritori morti, ai quali il ministero dell’Interno concesse medaglie d’argento e di bronzo alla memoria al valor civile, furono Filippo Angileri, Michele e Antonina Curatolo, Michele e Maria Licari, Francesco e Antonio Giacalone, Giuseppe Sparla. E rischiarono di morire, intossicate, altre tre persone, tra cui due donne. Il bilancio della tragedia, dunque, senza il deciso intervento di Salvatore Sciacca, sarebbe certamente stato ancor più drammatico.

Francesco Mezzapelle

23-06-2015 13,00

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