L’ultimo caso del siciliano don Almanza e la “piaga pedofilia” nel mondo ecclesiastico.

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
23 Febbraio 2016 18:59
L’ultimo caso del siciliano don Almanza e la “piaga pedofilia” nel mondo ecclesiastico.

Ha fatto scalpore la notizia di questa mattina, appresa dall'Ansa, relativa alla sentenza definitiva che condanna Biagio Alberto Almanza, un ex frate di 39 anni, originario di Pantelleria, a 9 anni di carcere per violenza sessuale su un minore.

In primo grado la condanna era stata emessa dal Tribunale di Marsala (8 aprile 2014), in secondo grado dalla terza sezione della Corte d'appello di Palermo (2 marzo 2015). L'ex frate era stato posto agli arresti domiciliari dai poliziotti della Squadra mobile di Trapani a fine novembre 2012.

Il provvedimento gli fu notificato in un convento in provincia dell'Aquila, dove il protagonista della vicenda aveva cercato di isolarsi dal mondo dopo una precedente condanna per pedofilia subita a Milano. In questo secondo processo ad Almanza è stata contestata la violenza su un dodicenne, figlio di una coppia di Pantelleria con la quale aveva stretto un rapporto d'amicizia.

Secondo quanto emerso dall'indagine, Almanza avrebbe più volte abusato del ragazzino in momenti in cui era rimasto da solo con lui. I fatti contestati risalgono al 2008, prima che prendesse i voti, anche se per carpire la fiducia dei genitori della vittima anche allora si fingeva frate.

La vicenda è certamente da annoverare nella lunga serie di casi di pedofilia perpetrati da ecclesiastici, ovvero relativi abusi sessuali su minori o possesso di materiale pedopornografico da parte di vescovi, sacerdoti, religiosi e catechisti appartenenti alla Chiesa cattolica. La “piaga” non troviamo altre parole per definire la secolare problematica ha iniziato a riscuotere una vasta eco mediatica e una considerevole attenzione da parte dell'opinione pubblica internazionale a partire dal 2002.

L'interesse dei media nei confronti del fenomeno della pedofilia all'interno della Chiesa cattolica prende avvio, era prevedibile, nel “nuovo mondo” per poi estendersi anche alla “vecchia Europa”. Negli Stati Uniti d'America, a Boston, a partire da gennaio del 2002, venne avviata un’inchiesta dal quotidiano The Boston Globe il cui primo caso riguardava la condanna a dieci anni di carcere comminata a John J. Geoghan, un prete che aveva violentato un bimbo di dieci anni.

Il giornale iniziò a pubblicare resoconti di denunce, condanne, dimissioni e insabbiamenti di casi di pedofilia da parte di esponenti del clero cattolico. Nella sola Boston finirono sotto accusa 89 sacerdoti e rimossi dall'incarico più di 55 preti: fu proprio l'estensione del fenomeno, oltre alla sua gravità, a sconvolgere l'opinione pubblica. Si giunse sino al coinvolgimento dell'allora arcivescovo di Boston, il cardinale Bernard Francis Law.

L'arcivescovo, accusato di aver permesso a diversi preti – già accusati di abusi sessuali su minori – di continuare ad esercitare la propria opera in parrocchie non informate delle denunce pendenti sugli stessi sacerdoti, fu costretto a rassegnare le dimissioni nelle mani di Giovanni Paolo II il 13 dicembre 2002 (in un primo tempo respinte dallo stesso pontefice, dopo essersi scusato pubblicamente e aver fornito all'autorità giudiziaria i nomi di 90 sacerdoti responsabili di molestie a danno di minori.

Il tribunale ordinò la consegna di migliaia di documenti della Chiesa di Boston che rivelavano decenni di abusi sessuali da parte di sacerdoti. A seguito delle richieste di risarcimento, tre diocesi avviarono in pochi mesi la procedura di bancarotta: l'arcidiocesi di Portland, la diocesi di Tucson e la diocesi di Spokane. I numerosi casi di pedofilia, riguardanti abusi compiuti durante vari decenni precedenti, ottennero presto attenzione da parte dei maggiori mezzi di informazione statunitensi, sino a raggiungere un notevole rilievo anche internazionale.

In seguito, una successiva crisi che interessò anche l'Europa, acquistò un più intenso rilievo mondiale nel biennio 2009-2010, coinvolgendo anche paesi come Irlanda, Austria, Italia, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Svizzera, Spagna, Regno Unito e Malta. Dure critiche sono state rivolte alla Chiesa Cattolica quando fu scoperto che alcuni vescovi a conoscenza dei casi di abuso avevano trasferito i preti invece di rimuoverli.

Il più grande processo in Italia viene celebrato a Roma presso il Tribunale Penale nei confronti di un prete, Don Ruggero Conti, parroco della parrocchia di Selva Candida a Roma, che dal 2001 si era reso responsabile di abusi sessuali nei confronti di 7 minori. Il prete nel 2008 viene arrestato e tradotto a giudizio. Le vittime ottengono una condanna a 15 anni e sei mesi di reclusione e a una provvisionale. Il caso è stato anche trattato e descritto in un libro uscito nel novembre del 2012 dal titolo “La preda - Le confessioni di una vittima”, scritto da Angela Camuso.

Una dura campagna contro i casi di pedofilia negli ambienti ecclesiastici è stata portata avanti in questi anni dalla redazione del noto periodico francese “Charlie Hebdo”, la sua satira pungente attraverso delle vignette (vedi foto n.1) ha destato dure reazioni dalla Chiesa Cattolica che –giustamente- ha sempre avvertito sul rischio di una facile generalizzazione su una problematica così delicata.

L’11 luglio 2015 per la prima volta nella storia della Chiesa si tiene un processo canonico per casi di pedofilia all'interno delle mura leonine, in quanto il fatto è riferito all'arcivescovo Józef Wesołowski (già dimesso allo stato laicale nel 2014) - che però morirà prima del giudizio, il 27 agosto 2015 - e altri cittadini del Vaticano. Per la prima volta, su decisione del Pontefice, l'intero collegio giudicante è composto da soli laici e le pene contestate contemplano la violazione di norme penali del codice Zanardelli (corruzione mediante atti di libidine e lesioni personali gravi) punite con la reclusione.

Uno studio sul fenomeno. Secondo i dati raccolti da Mary Frawley O'Dea e Virginia Goldner e da altri ricercatori, confrontati sia con il John Jay Study relativo agli anni fino al 2002, sia con il Report relativo al 2004, risulta che la maggior parte dei sacerdoti abusatori è costituita da pedofili seriali, nel Report del 2004 metà delle nuove accuse era rivolta a sacerdoti già precedentemente accusati di abusi sessuali: più della metà delle vittime ha dichiarato di essere stata abusata “diverse volte”.

Nell'esempio esposto da Mary Frawley O'Dea, una delle sue pazienti aveva subito abusi da parte del nonno a partire dai quattro anni di età. Giunta all'età di otto anni, durante la confessione settimanale raccontò al suo parroco gli abusi subiti. Il prete propose di parlarne più estesamente nel suo ufficio, quindi abusò sessualmente di lei ogni settimana nel periodo compreso tra gli 8 e i 12 anni di età della bambina. La donna non denunciò mai il sacerdote e parlò degli abusi subiti solo nel corso della terapia.

Dai dati presentati emerge altresì il fatto che la maggior parte dei sacerdoti si è spinta oltre il “semplice” palpeggiamento della vittima sotto i vestiti. Circa un terzo dei sacerdoti pedofili ha agito secondo modalità considerate dagli esperti "molto gravi": ha abusato delle proprie vittime con la penetrazione o le ha costrette al sesso orale. Altri hanno agito in modo considerato relativamente grave: solo il 2,9% dei preti si è limitato al coinvolgimento della vittima in discorsi di natura sessuale oppure all'utilizzo di immagini pornografiche.

Il 9% si è limitato a toccare la vittima attraverso i vestiti oppure a farsi toccare attraverso la tonaca. Il 15,8% non si è spinto oltre la masturbazione. È inoltre di senso comune l'idea che la violenza sessuale nei confronti di un minore sia spesso motivata da abuso di alcol da parte dell'abusatore; il John Jay Study ha piuttosto evidenziato come i sacerdoti responsabili di abusi sessuali abbiano fatto uso di alcol e/o droghe solo nel 21,6% dei casi. Secondo Mary Frawley e Virginia Goldner, l'insieme di questi dati smentisce l'ipotesi secondo la quale l'abuso sessuale da parte del prete sia fondamentalmente motivato da una momentanea mancanza di giudizio: occorre invece considerare l'abusatore come una persona pericolosamente incline ad abusare di una giovane vittima diverse volte.

Francesco Mezzapelle

23-02-2016 19,45

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