Le ispezioni in corso da ieri mattina a Mazara del Vallo da parte dei carabinieri del Ros e dai poliziotti dello Sco, con il supporto della Scientifica, avrebbero portato alla scoperta di un garage ove allestito un piccolo appartamento, ubicato in un complesso residenziale al civico 45/C della centralissima via Castelvetrano che sarebbe stato nella disponibilità del boss Matteo Messina Denaro nel suo ultimo periodo della sua trentennale latitanza. Nelle prossime ore avremo ulteriori dettagli da parte della Procura distrettuale Antimafia di Palermo anche in merito ad un fermo.
La Procura, coordinata da Maurizio de Lucia, ha infatti disposto il fermo per detenzione illegale di arma, favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena del 49enne mazarese Giuseppe Di Giorgi, commerciante di calzature. Di Giorgi è fra proprietari del garage-appartamento (ove sarebbero stati trovati degli “interessanti” documenti, ancora al vaglio); nel suo appartamento invece gli investigatori avrebbero trovato, nascosta in un armadio, una pistola, non denunciata, con un colpo in canna ed una cinquantina di munizioni.
Le indagini sull’individuazione del residence mazarese partono dal ritrovamento di qual famoso mazzo di chiavi ritrovato nel borsello del superlatitante al momento del suo arresto, il 16 gennaio 2023, che portarono in quelle ore successive alla scoperta della Alfa Romeo Giulietta di coloro nero utilizzata da Matteo Messina Denaro per i suoi spostamenti nel territorio; una di quelle chiavi avrebbe aperto l’ingresso (quello principale e quello secondario da via Santa Maria delle Giummare) del complesso residenziale di via Castelvetrano a Mazara; si presume che un'altra chiave del mazzo avrebbe aperto un garage dello stesso residence (in foto la zona dei garage ispezionata).
Ad ogni modo le indagini, al di là di quelle che saranno le risultanze finali, confermerebbero l’esistenza di una fitta di relazioni di cui si serviva Matteo Messina Denaro per gli spostamenti nel territorio provinciale, anche per le sue “avventure” amorose. Mazara del Vallo era certamente un luogo molto gradito all’ex primula rossa, fin dalla sua giovinezza, quando era un uomo libero. Il figlio del capo mandamento di Castelvetrano, lo “zio Ciccio”, l’ha iniziato a frequentare tra la metà degli anni ’80 e gli inizi dei primi ’90.
Il giovane Matteo Messina Denaro frequentava la “movida” che animava in quegli anni Mazara del Vallo. Frequentava gli allora ristoranti più rinomati della Città dove gustava pesce di ottima qualità pescato dai pescherecci mazaresi (in quegli anni, a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, la marineria di Mazara del Vallo era al culmine della sua potenza e contava oltre 300 imbarcazioni da pesca); il giovane rampollo di “cosa nostra” sarebbe stato un profondo estimatore di gambero rosso il cui mercato a quei tempi era ancora abbastanza di nicchia.
Sempre con il suo gruppo di amici, giovani emergenti del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, avrebbe frequentato locali del centro, del lungomare Hopps; dopo aver posteggiato la sua Porsche in bella vista, con addosso capi firmati, l’immancabile foulard e occhiali a specchio Rayban (per coprire lo strabismo), avrebbe raggiunto gli altri seduti un tavolo al centro a brindare con champagne, in attesa di “scendere” tutti insieme in discoteca. Nel frattempo il giovane Matteo cresceva e si faceva le ossa divenendo insieme all’amico fraterno Giuseppe Graviano, boss di Palermo-Brancaccio, anch’egli frequentatore di Mazara del Vallo, il prediletto, quasi un figlio acquisito nel caso di Matteo, del “capo dei capi” Salvatore Riina (che era molto legato al padre Francesco) anche lui assiduo frequentatore di Mazara del Vallo ove peraltro viveva il fratello ove spesso soggiornava soprattutto d’estate.
Alla sua forte passione per il gentil sesso il giovane Matteo associava uno spirito sanguinario nell’assecondare, e chissà a volte nel suggerire, le spietate decisioni, anche in chiave stragista, dello zio Totò.
Proprio a Mazara del Vallo, sul Lungomare Fatamorgana, sulla spiaggia di Tonnarella, il 14 settembre del 1992 Matteo Messina Denaro fu protagonista, a capo di un gruppo armato, formato dal cognato di Riina, Leoluca Bagarella, e di Giuseppe Graviano, dell’attentato al commissario di polizia, nonché vice questore di Trapani, Rino Germana, che conduceva indagini sugli affari e i legami politici della “borghesia mafiosa”. Il piano del commando criminale fallì grazie alla prontezza dello stesso Germanà che a bordo di una Fiat Panda, dopo essere uscito dall’ex sede del Commissariato mazarese, in via Toniolo, si accorse di esser seguito da un’auto sospetta, una Fiat Tipo.
Prima di arrivare nella sua villetta di Tonnarella, ove lo stesso Commissario risiedeva con la sua famiglia, Germanà, in un tratto del lungomare Fatamorgana, quando l’auto sospetta stava per affiancarlo, frenò di colpo e abbandonò la Panda, si riparò in spiaggia rispondendo con la sua pistola di ordinanza al fuoco dei killer che infine desistettero; la Fiat Tipo fu abbandonata e data a fuoco dietro ad un casolare vicino la centrale Snam di Capo Feto. Rino Germanà, ferito di striscio, soccorso da alcuni bagnanti e residenti, fu trasferito subito in una località segreta, oggi è in pensione; a Germanà nel 1997 la Città conferì la cittadinanza e il 14 settembre di due anni fa, a trent’anni di distanza, nei pressi del luogo dell'attentato, dinanzi alla Chiesa di S.
Chiara, è stata scoperta, alla presenza dello stesso Germanà, una lapide che ricorda quella drammatica giornata. Dopo pochi mesi dal fallito attentato a Rino Germanà, Matteo Messina Denaro iniziò la sua trentennale latitanza. Un’altra “impresa” condotta a Mazara del Vallo, questa fallita per improvvise circostanze all’ultimo momento, il tentativo di far sparire nel mercato nero delle opere d’arte la statua bronzea del “Satiro Danzante” in attesa di esser trasferita a Roma per il suo restauro.
Alla luce di quanto scoperto dopo la sua cattura, e cioè il fatto che il superboss, sotto falso nome si aggirava tranquillamente nel territorio, ovviamente coperto da protezioni e fiancheggiatori, ad ogni livello, risulta pertanto molto probabile che lo stesso, sempre a bordo della sua Giulietta partendo dalla sua base campobellese si sia aggirato fra le strade mazaresi ricordando magari i vecchi tempi, i vecchi amici (molti dei quali in carcere, qualcuno forse già morto). Avrebbe cenato in qualche nuovo ristorante sorto negli ultimi anni in Città, chissà forse a base di “cruditè” di pesce (non avrebbe badato a spese come si evince dagli scontrini ritrovati nell’appartamento di vicolo San Vito), apprezzato qualche nuovo gusto di gelato o prodotto di pasticceria, fatto la spesa in un supermercato mazarese, tagliato i capelli e la barba in qualche salone della Città, il tutto sempre presentandosi sotto falso nome.
Soltanto qualche attento osservatore, di bianco pelo, lo avrebbe potuto riconoscere, era comunque un rischio che il superboss aveva deciso di correre soprattutto a seguito della grave malattia che lo porterà alla morte, in carcere, il 26 settembre scorso. Ricordiamo che Messina Denaro dopo aver scoperto di aver un cancro al colon era stato operato, utilizzando l’identità del campobellese Andrea Bonafede, all’Ospedale “Abele Ajello” di Mazara del Vallo. L’intervento era avvenuto alla metà di novembre proprio del 2020, quando si facevano solo operazioni di urgenza considerata ancora l’emergenza covid-19; anche su questa vicenda è stata aperta un’indagine.
Francesco Mezzapelle