Presentata petizione al Sindaco di Marsala per l’intitolazione di un’area di circolazione viaria a Mons. Antonio Lombardo, il Vescovo che donò a Marsala gli 8 Arazzi Fiamminghi

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
25 Gennaio 2018 12:17
Presentata petizione al Sindaco di Marsala per l’intitolazione di un’area di circolazione viaria a Mons. Antonio Lombardo, il Vescovo che donò a Marsala gli 8 Arazzi Fiamminghi

L’opinionista Leonardo Agate, nella qualità di presidente del comitato per il ricordo di Monsignor Antonio Lombardo, e la giornalista Petronilla Russo, esperta e conoscitrice degli 8 Arazzi Fiamminghi in possesso della Chiesa Madre di Marsala, hanno ieri mattina consegnato al Sindaco della Città di Marsala, Alberto Di Girolamo, una petizione per l’intitolazione di una via, piazza o largo all’alto prelato che fu anche Vescovo e che donò alla Chiesa i preziosi manufatti che rievocano la guerra giudaica.

Fra i 100 sottoscrittori della richiesta, esponenti di tutte le forze sociali dalla città con in testa l’arciprete della Chiesa Madre di Marsala, padre Giuseppe Ponte.

Diversi, secondo Agate e gli altri richiedenti, i motivi elencati della richiesta. Fra questi quello che l’illustre marsalese, oltre che dare notorietà con la sua opera alla sua città di nascita in vari modi, la beneficò con la donazione degli otto arazzi fiamminghi, opera pregiatissima e unica nel suo genere, rappresentante la presa di Gerusalemme da parte dei romani.

Monsignor Lombardo, che fu Vescovo di Mazara, Agrigento e arcivescovo di Messina, oltre agli arazzi donò anche alla Matrice i paramenti sacri intessuti in seta ricamati in oro e contribuì alla realizzazione del Collegio dei Gesuiti.

Un marsalese illustre, dunque, al quale, malgrado siano passati più di quattro secoli dalla morte, non è stata mai intitolata un’area di circolazione. Peraltro, le spoglie sono state traslate dalla città di Messina alla Matrice nel 1596, e inumate nel sarcofago posto nel transetto destro della principale chiesa marsalese.

Nella petizione i richiedenti formulano anche una indicazione e, nello specifico, quella di intitolare a Monsignor Lombardo il largo che si diparte dalla parete destra della chiesa del Collegio dei Gesuiti fino all’intersezione con la via Frisella (attualmente con la denominazione di via Mario Rapisardi), considerato che nella storica struttura dovranno essere presto trasferiti, secondo quanto prevede un apposito progetto della Regione Siciliana, gli otto arazzi fiamminghi.

Alla richiesta di intitolazione è stata anche allegata una nota su Monsignor Lombardo, a cura di Petronilla Russo, che si trasmette unitamente al presente comunicato.

 

Il vescovo Antonio Lombardo

di Petronilla Russo

Il vescovo Antonio Lombardo è il personaggio di cui i marsalesi dovrebbero andare fieri, se non altro perché donò alla città un patrimonio di inestimabile valore: otto arazzi fiamminghi che insieme formavano una camera, ossia insieme servivano ad arredare le pareti di un salone. Lo si deduce sia perché trattano episodi di un unico evento storico, la presa di Gerusalemme da parte dei romani, sia per la cimasa che li inquadra, uguale per tutti gli arazzi, sia dalle dimensioni che sono uguali in altezza e diverse in larghezza.

Che trattino della presa di Gerusalemme lo dice lo stesso Lombardo nel suo atto di donazione redatto a Messina, presso il Notaio Padovano de Costa il 10 luglio 1589. Per stili, temi e cimasa sono stati datati attorno al 1570, periodo aureo dell’arte arazziera fiamminga. Negli arazzi in esame c’è ricchezza di particolari e composizioni in un’unità equilibrata in cui le figure del primo piano si fondono bene con gli sfondi panoramici. Sembra che la tessitura si fondi con la pittura.

Gli arazzi fiamminghi del XVI secolo lavorati a Bruxelles venivano sottoposti a rigidi controlli prima di immetterli sul mercato, con lo scopo anche di prevenire eventuali contraffazioni, così come prevedeva la legge del 15 aprile 1525. Dell’autenticità degli arazzi di cui discorriamo fa fede il marchio delle due “B” separate da uno scudo rosso, che si trova in cimosa orizzontale bassa, che stanno ad indicare la città di Bruxelles, nella regione di Brabant.

Per ulteriore garanzia, la legge prevedeva di riportare anche la sigla del direttore della bottega. Infatti nella cimosa verticale di destra, in basso, sono tessute un “T” sovrapposta ad una “C”, che rimandano a Cornelius Tons che operò a Bruxelles e Anversa nella seconda metà del XVI secolo. Sembra che posa essere un dono di Mons. Antonio Lombardo il trittico fiammingo, per alcuni mesi esposto nella pinacoteca di Marsala. Altri doni dello stesso prelato sono paramenti sacri in seta ricamati in oro, già catalogati dalla Soprintendenza per il loro valore artistico e culturale.

Tutti questi oggetti saranno esposti nel realizzando museo della Matrice, nell’ex Chiesa del Collegio dei Gesuiti, di cui l’illustre prelato contribuì alla costruzione, costituendo un forte richiamo turistico e culturale, con positivi effetti sulla città e sugli abitanti.

Inoltre, nel 1561 mentre era arcidiacono della cattedrale di Agrigento, dotò l’abside dell’antica Chiesa Madre di un’icona marmorea in sostituzione di altra lignea già molto rovinata. L’icona dell’Assunta fu commissionata ad Antonio Gaggini nel 1561, che la consegnò nel 1567. Di essa oggi rimangono due pannelli e la statua principale a tutto tondo della Madonna, collocati in una cappella laterale della Chiesa Madre.

Antonio Lombardo è l’ottavo figlio dei coniugi Nicolò e Antonella de Vitali. Nacque a Marsala nel 1524 e visse 71 anni. Piccolo di statura, fu perspicace, intelligente e colto, con carattere forte e spiccata personalità. Dedicò la sua vita al sacerdozio. Nel 1547 prese gli ordini sacerdotali e ben presto si conquistò la stima del vescovo Girolamo II Termini che gli affidò subito l’incarico di Canonico della Cattedrale di Mazara, con la prebenda delle decime di Castelvetrano.

Successivamente fu arciprete di Marsala. Nel 1550 fu inviato in Spagna per perorare uno sgravio fiscale per tutta la Valle di Mazara, vessata dalla corte spagnola da balzelli insostenibili. Oltre a raggiungere l’obiettivo, si guadagnò la stima dei Reali che lo insignirono di onorificenze e incarichi vari. Sorvolando sulle varie onorificenze, ci soffermiamo sugli incarichi. I più importanti sono: vescovo di Mazara nel 1572, vescovo di Agrigento per 6 anni dal 1579, e nel gennaio 1584 arcivescovo di Messina, dove resse la chiesa per 11 anni, fino alla morte avvenuta 1595.

Un anno dopo la salma fu traslata a Marsala e inumata in un artistico sarcofago, eseguito probabilmente su disegno di Jacopo Del Duca, che in quegli anni lavorava a Messina, dopo un periodo di lavoro a Roma con Michelangelo. È in marmo bianco: sulla parte superiore sono scolpiti due angeli ai lati di una conchiglia che sostiene la mitra vescovile. Sovrastano il sarcofago, incassati nella parete, un mezzo busto del prelato e la lapide che ricorda le fasi salienti della sua vita. Il sarcofago trova posto nel transetto destro della chiesa madre, rinominato cappella della Purificazione di Maria e a tale scopo vi fu collocato un grande dipinto su questo tema che porta la firma di Antonio Riccio, voluto e realizzato da Mons.

Antonio Lombardo nel 1593, mentre era arcivescovo di Messina, su copia di un capolavoro di Jeronimo Alibrandi. In questo dipinto si intravede, in basso a sinistra, un mezzobusto del committente con le mani giunte e il pallio al collo.

Questa volontà di ritornare, dopo morto, nella città natia sta a dimostrare che egli non dimenticò mai le sue origini. Anche noi non dovremo dimenticare un nostro benefattore, tanto illustre.

 

(Comunicato Stampa)

25/01/2018

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