Arrestati i “postini” di Matteo Messina Denaro, fra questi anche tre mazaresi. A quando però l’arresto del boss? Latitanza “funzionale”?

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
03 Agosto 2015 08:50
Arrestati i “postini” di Matteo Messina Denaro, fra questi anche tre mazaresi. A quando però l’arresto del boss? Latitanza “funzionale”?

Ancora un’altra operazione per fare “terra bruciata” attorno al super latitante e ritenuto il capo dei capi di cosa nostra, parliamo ovviamente di Matteo Messina Denaro. Infatti l’operazione condotta nelle ultime notti dalle squadre mobili di Palermo e Trapani insieme ai carabinieri del Ros, del reparto operativo di Trapani, si chiama Hermes dal nome della divinità della mitologia greca (i romano lo chiamavano Mercurio, uno dei figli di Zeus) ed il cui ruolo principale era quello di messaggero degli dèi; l’operazione “Hermes” sarebbe una prosecuzione delle operazioni “Golem” ed “Eden” condotte dalla polizia e dai carabinieri e che hanno portato in cella favoreggiatori e familiari del boss a partire dal 2011.

 

Una centrale delle comunicazioni con il metodo arcaico dei pizzini (era stato il metodo prediletto da Bernardo Provenzano) è una masseria (vedi foto n.2) in territorio di Mazara del Vallo, in contrada Lippone, al confine con il territorio di Salemi. Depositario dei segreti in forma di pizzini (foglietti di carta ripiegati e protetti da scotch), nascosti sotto un masso, da passare e provenienti dal superboss, è il 77enne mazarese Vito Gondola, meglio conosciuto come “Vito Coffa”, un “picuraro” e mafioso di vecchio stampo e già nelle simpatie di Totò Riina quando da Mazara del Vallo (protetto da molti amici) progettava i suoi piani per uccidere i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; Gondola, già agli onori delle cronache dagli anni ’70 per i suoi collegamenti con l’eversione di destra, utilizzava appunto il linguaggio dei “picurari” come codice per inviare messaggi agli adepti della primula di Castelvetrano.

Comunicazioni all’antica, dice l’indagine condotta dai pubblici ministeri di Palermo Paolo Guido, Carlo Marzella, dal procuratore aggiunto Teresa Principato, dal procuratore Franco Lo Voi. Un’attività di investigazione che dal 2012 ha interessato palmo dopo palmo i terreni fra Mazara e Salemi grazie anche anche all’utilizzo potentissime telecamere piazzate sugli alberi, con registratori nascosti sotto terra.

Una rete bene articolata quella costituita dai "postini" di Messina Denaro, a farne parte sono (ecco gli arrestati nell'ambito dell'operazione): i mazaresi Vito Gondola; Giovanni Mattarella (49 anni, genero di Vito Gondola), Giovanni Loretta (imprenditore 43 anni); i salemitani Pietro e Vincenzo Giambalvo (77 e 38 anni, padre e figlio), Sergio Giglio (46 anni); Michele Gucciardi (62 anni); Leonardo Agueci (28 anni, ragioniere della ditta So.vi), e Michele Terranova (46 anni), quest’ultimo proprietario della masseria; Ugo Di Leonardo, (73 anni, architetto di Santa Ninfa in pensione); Giovanni Domenico Scimonelli (48 anni, imprenditore di Partanna).

La maxi operazione contro la "famiglia allargata" di Messina Denaro (in foto n.1  ritratto in una vecchia foto-tessera) annunciata questa mattina probabilmente è avvenuta alcuni giorni fa ma le autorità giudiziarie sanno ben scegliere anche loro quando la notizia può divenire mediaticamente appetibile e così a quel punto la danno in pasto ai giornalisti corredata da video, immagini etc...

Quindi continua a farsi "bruciata" la terra attorno al super boss che per molti continua a rimanere nel "suo territorio" (consuetudine di un capo mafia tradizionale) nascosto chissà in qualche casolare o addirittura in qualche miniappartamento sapientemente celato nel centro urbano di una delle città della Provincia; non è escluso però che Matteo Messina Denaro viaggi e si sposti con tranquillità grazie ad un nuova identità fisica ed anagrafica.

Probabile è che Matteo Messina Denaro governi “cosa nostra” con la seppur vecchia ma sempre valida strategia del “divide et impera”, mezzo per difendere ed allargare i propri interessi; ai mafiosi di vecchio stampo avrebbe affidato il settore della “comunicazione interna” al fine di eludere i nuovi sistemi informatici utilizzati dagli inquirenti. (in foto n.3 ripreso dalle telecamere l'incontro nella masseria fra Vito Gondola e Miche Gucciardi) 

Anche in questo caso, come già sollevati in occasioni di precedenti maxi operazioni, però sorgono spontanei alcuni interrogativi: davvero non si riesce a braccarlo? Lo Stato ha posto gli uomini ed i mezzi necessari per arrestarne la latitanza? Sarà arrestato al momento giusto, cioè quando servirà (furono così gli arresti di Riina ed altri superboss) e forse al momento la sua latitanza risulta "funzionale" al potere costituito per distogliere l'attenzione dalle grandi manovre politico-economiche che stanno, pian piano, cambiando il volto del “Bel Paese”?.

Francesco Mezzapelle

03-08-2015 10,30

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