Il vibrante successo della mostra personale di Sergio Di Paola NVMINA, sebbene conclusasi da poco più di un mese, risuona ancora nel panorama artistico romano, consolidando la posizione dell'artista palermitano come una delle voci più originali e raffinate della scena contemporanea nazionale. L'esposizione, che ha animato la decima edizione della Rome Art Week, si è svolta nello splendido Giardino d’Inverno di Palazzo Tittoni, per gentile concessione del Duca Luigi Catemario Tittoni di Quadri, un'ambientazione che ha saputo fondere l'eleganza barocca con la profondità concettuale delle opere. Il successo di affluenza, registrando una significativa presenza di personalità della nobiltà, della cultura, della moda e dello spettacolo ha testimoniato la capacità dell'arte di Di Paola di attrarre un pubblico vasto e trasversale, unendo il linguaggio contemporaneo al fascino della mondanità culturale.
La sera dell’anteprima a Palazzo Tittoni (19 ottobre 2025), accolti dall’artista, dal maestro Massimo Bomba e Giulia Borghese tra le sale e le opere, l’esperienza è risultata prima di tutto sensoriale. Le figure che emergono dalle carte di Di Paola invitano a un vero e proprio incontro con il sacro e l'interiore, un tema che si configura come la vera spina dorsale della sua ricerca. L’artista utilizza prevalentemente l'inchiostro di china su carta, una scelta tecnica che, lungi dall'essere limitante, diventa il suo terreno d’elezione.
La carta, come sottolineato dal curatore dell’evento Massimiliano Reggiani, assume una funzione quasi sacra: un rifugio dove l'invisibile può finalmente affacciarsi. Le opere in mostra si articolano in tre nuclei tematici potenti – il dionisiaco, la genealogia del sole e il blu misterico – un percorso cromatico e concettuale straordinariamente intenso. La tavolozza si concentra in due assi emotivi potenti: il rosso vibrante, che accende scene di passione e ritualità, e il blu meditativo, che si apre alla profondità del pensiero.
Questi accenti, sapientemente distribuiti, impediscono alla china di cadere nel mero esercizio di stile, conferendole invece un’anima vibrante e misterica. On line è possibile sfogliare il catalogo della Mostra “La Rovina degli Dei” cliccando su questo link: https://www.dropbox.com/scl/fi/wjvk2gtdjfze1pqtjzp6p/CATALOGO-NVMINA.pdf?rlkey=5379e0w4scok0wvgaoht2x9ti&st=vdol425w&dl=0
Si ricorda l’emozione analoga provata mesi prima a Palermo, alla Galleria Artètika di Esmeralda Magistrelli, in occasione della mostra "La Rovina degli Dèi" (30 Maggio – 6 Giugno 2025), realizzata nell’ambito della Settimana delle Culture. Quell'esposizione, sebbene temporalmente precedente, ha rappresentato l'atto fondativo di un percorso tematico ben preciso. Lì, in Sicilia, Di Paola aveva già dimostrato la sua padronanza inusuale della china, portando in scena figure archetipiche come Narciso, Medusa, Didone e Pan.
Il successo della mostra palermitana, che fece registrare un’affluenza sorprendente per un giovane artista, aveva già rivelato la maturità e la consapevolezza del suo linguaggio. Le sue opere, nutrite dai sedimenti dell'antica Lilibeo (Marsala), dialogano con i classici non attraverso la mera citazione, ma attraverso una precisione del tratto che si fonde con una libertà esecutiva capace di evocare il sacro ormai scomparso, ma ancora presente nell'animo contemporaneo. L'intensità fu amplificata dalla performance dell’attrice Giovanna Corrao, il cui monologo dedicato a Medusa trasformò il mito in un simbolo di fragilità e forza, un ponte perfetto tra opera visiva e drammaturgia.
On line è possibile sfogliare il catalogo della Mostra “La Rovina degli Dei” cliccando su questo link: https://www.dropbox.com/scl/fi/nbjjcy0mqs5xc371ipqpp/CATALOGO.pdf?rlkey=ii4n66oat2j22t1r3zg70qyth&st=e42j7vt4&dl=0
Sergio Di Paola non è solo un abile tecnico, ma un vero e proprio vaticinatore indiretto. La sua arte non è una narrazione didascalica, bensì un processo di anamnesi che svela la "mostruosità" che a volte si cela nella condizione umana, come ha rivelato il curatore della mostra Gigi Vinci. La grammatica visiva di Di Paola, sospesa tra mito, esoterismo e psicologia, affonda le radici nella sua formazione classica, ma si è affinata e potenziata attraverso un'intensa ricerca interiore. Il suo stile è un atto di equilibrio acrobatico: tra il nero della china, che evoca l'oblio, e le colature, che raccontano la memoria che si dissolve.
È affascinante notare come un grave incidente stradale, vissuto nel 2019, si sia trasformato per l'artista da pausa forzata in un periodo di metamorfosi interiore, purificando il suo segno e potenziando la sua capacità di trasformare la sofferenza in una raffinata linfa creativa. Le sue figure, che emergono dal foglio con un tratto deciso, sono come divinità silenziose e denudate, pronte a raccontare una storia di caduta del divino che in realtà è la fragilità dell'umano che si è fatto troppo potente.
L'impressione finale che si ricava visitando entrambe le tappe di questo percorso espositivo è quella di un artista che, con umiltà e ardore, si fa pontefice tra il mondo visibile e l'invisibile, lasciando che la china graffi e ferisca la superficie per far affiorare ciò che giace nascosto nella mente fertile, un’arte che, nella sua essenzialità, trova nel Romanticismo più sublime la sua vera culla estetica.