Il gigante dai piedi d’argilla: Marsala e il bluff degli 80 mila abitanti

Amministrare Marsala, con le sue oltre cento contrade, sta diventando una missione impossibile

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
29 Dicembre 2025 12:54
Il gigante dai piedi d’argilla: Marsala e il bluff degli 80 mila abitanti

Riceviamo la provocazione di un nostro lettore che propone una soluzione radicale al degrado delle periferie, la scissione di Marsala in più comuni autonomi, chiedendoci se possa essere fattibile.

Accogliamo lo spunto per un'analisi tecnica su cosa significherebbe davvero rinunciare al prestigio della quinta città della Sicilia in cambio di una gestione più vicina ai cittadini, valutando pro, contro e soluzioni percorribili. La nostra analisi

C’è un dato che i politici marsalesi sfoggiano con orgoglio come una medaglia al valore: siamo la quinta potenza della Sicilia. Ottantamila abitanti, un territorio immenso, un peso elettorale che dovrebbe far tremare i palazzi dei capoluoghi. Ma la realtà, per chi vive oltre il raggio d’azione del centro storico, racconta una storia diversa. Una storia fatta di isolamento, degrado e servizi che arrivano col contagocce, quando arrivano.

Amministrare Marsala, con le sue oltre cento contrade, sta diventando una missione impossibile, o forse un alibi perfetto. La verità è sotto gli occhi di tutti: il Comune non ha le risorse, né umane né finanziarie, per garantire la stessa dignità a chi vive a Porta Nuova e di chi vive a Strasatti, a Terrenove, al Santo Padre delle Perriere, o a Paolini. Le casse comunali sono un vestito troppo stretto per un corpo troppo grande.

E allora nasce una provocazione che non è più così assurda: e se la soluzione fosse la divisione?

L’idea è quella di un divorzio consensuale per dare vita a nuovi comuni autonomi. Prendiamo l’area sud: un bacino vastissimo che ha già un’identità propria, un’economia legata alla terra e al commercio, e che oggi si sente periferia dimenticata di una città che guarda solo al salotto buono. Costituire un nuovo comune in quell’area significherebbe avere un sindaco che vive il territorio, uffici a portata di mano e, soprattutto, tasse che restano sul posto per asfaltare le strade della zona e per la resa di altri servizi, non per abbellire il salotto del centro.

Certo, ci sono dei rischi. Marsala perderebbe il suo prestigio numerico. Non saremmo più la quinta città dell’isola. E gli amministratori? Dovrebbero rinunciare a migliaia di voti, a quel serbatoio elettorale delle contrade che da sempre decide le sorti delle elezioni. Ma a chi giova questo prestigio se si traduce in abbandono? A che serve essere grandi sulla carta se poi siamo piccoli, piccolissimi, nella qualità della vita dei cittadini? Creare comuni più piccoli, come per esempio un Comune del versante sud (area Strasatti, Terrenove, Santo Padre, ecc.), permetterebbe una politica di prossimità. Il cittadino avrebbe un rapporto diretto con l’amministrazione e i problemi locali verrebbero percepiti come prioritari e non come decentrati.

Piccoli comuni possono intercettare bandi europei o regionali specifici per le realtà rurali o per i piccoli borghi, che un grande comune come Marsala spesso non può sfruttare pienamente.

Una Polizia locale e uffici tecnici dedicati esclusivamente a un’area più ristretta potrebbero garantire un monitoraggio più efficace contro l’abbandono dei rifiuti e il degrado delle infrastrutture, problemi cronici delle nostre contrade.

Tuttavia, la sfida più grande è l’economia di scala e i costi fissi. Creare nuovi comuni significa moltiplicare i costi: nuove sedi comunali, nuovi consigli comunali, segretari generali, uffici di ragioneria e dirigenti. Spesso i piccoli comuni non hanno la forza finanziaria per pagare questi costi fissi e finiscono per avere meno soldi per i servizi rispetto a quando erano parte di un ente più grande.

Servizi come la raccolta dei rifiuti o la gestione idrica diventano più complessi e costosi se gestiti per piccoli lotti separati. Si perderebbe il potere contrattuale che Marsala ha oggi nelle gare d’appalto grazie ai suoi 80.000 abitanti.

Il percorso legislativo per la creazione di nuovi comuni è lunghissimo. Storicamente, in Sicilia, questi tentativi (si pensi ai vari movimenti per l’autonomia di frazioni in tutta l’isola) incontrano forti resistenze politiche.

L’impatto sulla città di Marsala, perderebbe di peso politico, Marsala perderebbe lo status di quinta città della Sicilia. Questo non è solo un fatto di orgoglio o prestigio, ma ha ricadute pratiche, i trasferimenti statali e regionali sono spesso parametrati sul numero di abitanti. Meno abitanti significa meno fondi e meno peso nei tavoli istituzionali dove si decidono le grandi infrastrutture (ospedali, ferrovie, porti).

Per un amministratore, rinunciare a migliaia di voti e a un territorio così vasto è impensabile. Le contrade sono il vero bacino elettorale di Marsala; perdere Strasatti o l’area sud o altre aree nord, significherebbe ridisegnare completamente gli equilibri di potere.

È fattibile?

Tecnicamente sì, ma politicamente e amministrativamente è molto difficile. Una soluzione intermedia, non è la scissione, ma il decentramento amministrativo reale. Si tratterebbe di istituire delle Municipalità o dei consigli di quartiere con budget propri e poteri decisionali su piccola scala, lasciando a Marsala la gestione dei grandi servizi coordinati come suddivisioni del territorio con un proprio mini-consiglio e un Presidente eletto. Non si perde così il prestigio degli 80.000 abitanti, ma si assegna a ogni municipalità un budget autonomo per la piccola manutenzione (buche, lampadine, pulizia delle piazze). Il cittadino della contrada non dovrebbe più implorare il centro, ma si rivolgerebbe al suo ufficio di prossimità. Amministrare 100 contrade è difficile se il cittadino deve sempre recarsi in via Itria o al Comune centrale.

Creare "Punti Comune" digitali e fisici nelle contrade più popolose (Paolini, San Leonardo). Punti dove poter fare carte d'identità, pagare tributi o protocollare istanze senza dover fare chilometri. Questo ridurrebbe il senso di isolamento dei residenti delle periferie.

Oggi le contrade vengono gestite a pezze, intervenendo dove c'è l'emergenza. La soluzione sarebbe un piano di investimenti strutturale specifico che non tratti le contrade come appendici, ma come borghi autonomi.

Invece di mandare un camion della spazzatura dal centro fino all'estrema periferia (con costi di carburante enormi), si dovrebbero creare dei centri di raccolta e stoccaggio localizzati, ottimizzando i percorsi e riducendo le tasse per i residenti delle aree decentrate.

In questo modo si manterrebbe il peso degli 80.000 abitanti, ma si darebbe dignità e autonomia decisionale alle contrade che, oggi, si sentono giustamente abbandonate. Se si volesse procedere verso l'autonomia di queste vaste aree, la soluzione per garantire la sopravvivenza del nuovo ente sarebbe la gestione associata dei servizi. In questo modo, le contrade diventerebbero un Comune autonomo con la propria identità politica e le proprie scelte di bilancio, ma continuerebbero a condividere con Marsala i servizi più onerosi — come la Polizia Municipale o l'Ufficio Tecnico — per evitare che i costi burocratici mangino tutte le risorse destinate ai cittadini.

La scissione totale sarebbe un suicidio politico e finanziario. La soluzione è restare uniti per contare di più, ma dividere i poteri per gestire meglio. Marsala deve smettere di essere centro-centrica e diventare una città-territorio.

Il dibattito è aperto: preferiamo restare uniti e mediocri, o dividerci per tornare a funzionare?

Ai candidati sindaco l’onere di rispondere. Ma questa volta, le contrade non si accontenteranno di una lampadina accesa a sei mesi dal voto.

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