Oggi, 25 novembre, lontano da ogni retorica, desideriamo parlare di donne.
Donne che sono storie, non numeri, anche se dai numeri è necessario partire.L’Istat ci informa che il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni – pari a 6 milioni 788 mila persone –ha subìto, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% hasubìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% le forme più gravi, come lo stupro e iltentato stupro.Si tratta di un fenomeno che non riusciamo ad arrestare e che le cronache continuano purtroppo atestimoniare.
Ma noi, che rappresentiamo con orgoglio le Istituzioni, abbiamo il dovere di costruireun cambiamento radicale. La strada è lunga, difficile, tortuosa, ma certamente percorribile.Non possiamo ignorare gli oltre 3.500 minorenni rimasti orfani a causa dei femminicidi.Non sono numeri: sono ragazze e ragazzi ai quali è stato strappato un pezzo di serenità, a cui è statonegato un presente equilibrato, giovani che dovranno ricostruirsi nella mancanza della madre,lontano da sguardi giudicanti e pietistici.Abbiamo, dunque, una grande responsabilità: come donne delle Istituzioni, dobbiamo sì elencare idati, ma pensare alle persone.
E soprattutto dobbiamo sostenere quelle donne che non dispongonodegli strumenti necessari persino per riconoscere di essere vittime di violenza, inclusa quellapsicologica o economica.Dobbiamo essere tutte e tutti delle vere sentinelle sociali.Le leggi esistono e consentono di intervenire con competenza ed efficacia. Persiste, tuttavia, unproblema culturale.Diciamolo chiaramente: si esce dalla spirale della violenza solo attraverso la denuncia.Dobbiamo isolare la violenza in ogni sua forma: dalla battuta sessista all’accettazione dellasvalutazione dei successi e delle capacità di una donna, anche sul luogo di lavoro.È fondamentale educare gli uomini, fin dall’infanzia.
Gli uomini devono intraprendere un percorsodi consapevolezza e partecipazione; devono diventare protagonisti del cambiamento. Solo insieme –istituzioni, associazioni e società civile – possiamo costruire una nuova coscienza collettiva.So quanto sia difficile, ma alle donne che ancora oggi sono vittime di violenza voglio rivolgere unappello accorato: non siete sole. Denunciare è il primo passo verso la guarigione della vostra vita.Significa spezzare le catene, riconquistare la libertà, riappropriarsi delle proprie emozioni.
Esserelibere di esprimersi e di decidere per sé.Alle colleghe, e a tutte le donne che guardano con interesse all’impegno politico ma non sannocome avvicinarsi, rivolgo un invito alla determinazione e al coraggio. Insieme possiamo mettere incampo tutte le azioni necessarie per migliorare la qualità della vita delle donne nella nostra società.