Messina Denaro, la difesa del dott. Bavetta ha smontato il quadro indiziario

Le motivazioni del Tribunale del Riesame

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
22 Novembre 2025 12:20
Messina Denaro, la difesa del dott. Bavetta ha smontato il quadro indiziario

Il Tribunale del Riesame ha respinto l’appello della Procura di Palermo che mirava all’arresto del dottor Francesco Salvatore Bavetta, l'endoscopista che nel novembre 2020 diagnosticò il tumore al colon a Matteo Messina Denaro, all’epoca latitante. Le motivazioni depositate dai giudici accolgono, di fatto, gran parte delle argomentazioni difensive, concludendo che " non ricorre un solido quadro di gravità indiziaria a carico del Bavetta" in merito alla sua presunta consapevolezza di curare il boss con una falsa identità. La Procura aveva sostenuto che il medico sapesse chi fosse realmente il suo paziente, presentatosi come Andrea Bonafede.

Tuttavia, il Riesame ha ribadito il rigetto della richiesta di misura cautelare, già avanzata dal GIP lo scorso luglio.  Con la difesa affidata agli avvocati Massimo Motisi e Gaetano Di Bartolo, che hanno smontato  l'impianto indiziario della Procura, dalle mascherine Covid al paziente facoltoso, i giudici del Riesame hanno analizzato i diversi elementi contestati dall'accusa.

1) La celerità sanitaria e la gravità clinica, l'accusa aveva trovato anomala la rapidità con cui si è svolto l'iter sanitario del paziente, dalla diagnosi al successivo contatto con il chirurgo Giacomo Urso. Il Tribunale ha invece ritenuto che tale urgenza non fosse affatto sorprendente, ma pienamente giustificata: "Alla luce dell’esito dell’esame e della gravità del quadro clinico i passaggi non sorprendono". La situazione clinica era grave e richiedeva un intervento immediato.

2) I contatti telefonici, anche i frequenti contatti telefonici tra Bavetta e il latitante (sotto falsa identità) sono stati reinterpretati. Per il Riesame, è "significativo che le chiamate siano avvenute dopo la conoscenza dell’esito degli esami di laboratorio, segno dell’evidente preoccupazione del latitante" per le sue condizioni di salute, e non necessariamente un indizio di un accordo illecito con il medico.

3) Il compenso di "1.000 euro per COLON", la somma di mille euro annotata dal boss, giudicata più alta del tariffario abituale e bollata come anomala dalla Procura, è stata ritenuta dal Tribunale come "altrettanto verosimile" che indicasse la somma complessiva da esborsare per tutti gli accertamenti diagnostici e i trattamenti sanitari, e non un pagamento gonfiato per il favoreggiamento.

Un punto chiave a favore del sanitario, emerso anche dalla linea difensiva degli avvocati, riguarda il contesto in cui avvenne la visita: la difesa ha infatti sottolineato che l'endoscopista ricevette il paziente nel novembre 2020, periodo in cui era obbligatorio l'uso della mascherina anti Covid-19. Tale circostanza avrebbe reso oggettivamente difficile, se non impossibile, il riconoscimento del paziente, che si spacciava per Andrea Bonafede.   Sul paziente facoltoso e la mancata firma, la conclusione del Riesame è che " risulta indimostrato che il dottor Bavetta abbia agito con la consapevolezza e la volontà di favorire il noto latitante".

I giudici offrono un'interpretazione alternativa al comportamento del medico, ritenendo che il Bavetta possa aver semplicemente velocizzato l'iter diagnostico di un "paziente particolarmente facoltoso disposto ad elargire un compenso aggiuntivo" pur di essere curato nel più breve tempo possibile, data la gravità delle sue condizioni.

L'unica contestazione che " residua a carico dell’indagato" è la sola mancata sottoscrizione del primo referto, un elemento che, tuttavia, non è ritenuto sufficiente dal Tribunale per dimostrare la "precipua consapevolezza e volontà di curare il reale Matteo Messina Denaro, ma con false generalità". La mancata firma, da sola, non è ritenuta idonea a dimostrare il dolo del medico di favorire la latitanza.

Ne avevamo parlato anche qui:

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