Ergastolo ai fratelli Vaiana, uccisero la sorella e il suo amante. Le dichiarazioni dei legali

Redazione Prima Pagina Marsala
Redazione Prima Pagina Marsala
07 Maggio 2016 21:45
Ergastolo ai fratelli Vaiana, uccisero la sorella e il suo amante. Le dichiarazioni dei legali

“Dopo oltre vent’anni da un fatto che ha distrutto vite, è stata fatta giustizia. E’ stata messa la parola fine a una storia di violenze”.

E’ quanto hanno affermato due dei legali di parte civile, Leo Genna e Giacomo Frazzitta, dopo la sentenza della Corte d’assise di Trapani che ha condannato all’ergastolo dei fratelli castelvetranesi Michele Claudio (a destra nella foto), detto “Giovanni”, e Giuseppe Vaiana  (a sinistra nella foto), di 61 e 54 anni, ritenuti gli autori del duplice omicidio di Paolo Favara, 30 anni, e della cognata Caterina Vaiana, di 33.

I due erano amanti.

Il duplice omicidio fu commesso il 24 agosto 1990 e per oltre vent’anni rimase un mistero. Caterina Vaiana era sorella dei presunti assassini. Un “cold case” risolto da Procura di Marsala e carabinieri all’inizio del 2013.

“Un doveroso plauso – aggiungono gli avvocati Genna e Frazzitta - al pm Antonella Trainito per l’eccellente lavoro svolto in Assise”.

L’indagine fu riaperta grazie agli input forniti dalla figlia di Caterina Vaiana e dal figlio di Paolo Favara.

Due i possibili moventi del delitto: un prestito di 13 milioni di lire mai restituito e soprattutto il timore che Caterina Vaiana potesse denunciare uno dei due fratelli dopo avere scoperto che anni prima aveva violentato sua figlia (che all’epoca del fatto aveva 6 o 7 anni).

Bisognava, dunque, impedire che l'autore della violenza carnale potesse finire in carcere. E inoltre recuperare i 13 milioni dati in prestito da Michele Claudio alla sorella, e mai restituiti, con la vendita del gregge dei due amanti.

Un delitto maturato, dunque, in un contesto familiare intriso di forti rancori. Poco prima di essere uccisa con il suo amante, Caterina aveva accompagnato la figlia da un ginecologo.

Era stata la piccola a sfogarsi con la madre e ad accusare lo zio Giuseppe. Morta la madre, però, per 23 anni, per paura, non raccontò nulla. Poi, le dichiarazioni al pm Dino Petralia.

A difendere i due imputati sono stati gli avvocati Diego Tranchida e Vincenzo Salvo.

“Si tratta di un clamoroso errore giudiziario – afferma Tranchida – il giudizio della Corte d’assise non regge alla prova dei fatti, trattandosi di un teorema accusatorio che la Corte ha cercato di confermare con l’incriminazione di quattro testi per falsa testimonianza”.

I quattro testimoni per i quali è stata disposta la trasmissione degli atti in Procura sono Francesca Vaiana, Nicolò Curiale, rispettivamente sorella e zio degli imputati, Annamaria Favara, sorella di Paolo, e Vito Tummarello.

A.P.

07/05/2016

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