Un nuovo terremoto giudiziario ha scosso la politica e la sanità siciliana. All'alba di oggi, i Carabinieri del ROS hanno dato esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare che ha coinvolto figure di primo piano in un'inchiesta su presunti appalti e concorsi pubblici truccati. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) ha accolto parzialmente le richieste della Procura, disponendo gli arresti domiciliari per l'ex presidente della Regione Siciliana, Totò Cuffaro.
Insieme a Cuffaro, il provvedimento cautelare è stato notificato anche all'ex manager dell'ospedale Villa Sofia, Roberto Colletti, oggi in pensione, e ad Antonio Iacono, direttore del Trauma Center dello stesso nosocomio. Per il GIP, i domiciliari sono una misura sufficiente a garantire che non vengano reiterate le condotte contestate, pur senza l'applicazione del braccialetto elettronico. Tuttavia, ai tre è stato imposto un assoluto divieto di comunicazione per impedire contatti con altri coindagati o soggetti legati all'imprenditoria e alla pubblica amministrazione.
Il filone più rilevante che coinvolge direttamente Cuffaro, Colletti e Iacono ruota attorno a un presunto concorso per operatore socio-sanitario presso l'ospedale Villa Sofia. L'accusa sostiene che Colletti, in qualità di manager, avrebbe nominato Iacono a capo della commissione esaminatrice, il quale avrebbe poi fornito in anticipo le tracce d'esame a Vito Raso, storico segretario particolare di Cuffaro. Quest'ultimo avrebbe infine consegnato le prove a una candidata recatasi a casa sua. In cambio, Colletti avrebbe ricevuto l'appoggio di Cuffaro per future nomine dirigenziali nel settore sanitario. A Raso, il GIP ha applicato una misura meno restrittiva, limitata all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Il dispositivo del tribunale ha però ridimensionato in modo significativo le richieste iniziali della Procura, che aveva sollecitato misure restrittive per un totale di 18 indagati. In particolare, il GIP ha respinto le istanze di arresto per figure politiche di rilievo come Saverio Romano, coordinatore nazionale di Noi Moderati, e Carmelo Pace, capogruppo della DC all'Ars, i quali restano indagati a piede libero.
L'inchiesta si estende ad altri due ambiti principali: un appalto milionario per i servizi di portierato e ausiliariato all'ASP di Siracusa e presunte tangenti legate al Consorzio di Bonifica.
- Il caso Dussmann: L'accusa ritiene che la gara d'appalto all'ASP di Siracusa sia stata pilotata a favore della società Dussmann Service. In questo contesto, le figure apicali dell'impresa, Mauro Marchese e Marco Dammone, sono state raggiunte da un obbligo di firma e dal divieto di esercitare attività d'impresa per un anno.
Saverio Romano, sebbene indagato, è coinvolto nell'ipotesi di traffico di influenze per aver cercato di favorire un imprenditore nel subappalto.
- I "soldi" a casa Cuffaro: Un altro elemento centrale è legato a un'intercettazione ambientale a casa di Cuffaro, dove si sarebbe discusso e forse consegnato denaro contante, tra i 25 e 30 mila euro, da destinare a Giovanni Tomasino, direttore del Consorzio di Bonifica della Sicilia occidentale, tramite l'onorevole Pace. Tali somme sarebbero state il frutto di commesse pubbliche ottenute da imprese sponsorizzate dall'ex governatore.
Tuttavia, su questo punto, il GIP ha respinto la richiesta di sequestro preventivo e ha escluso la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, affermando che la mera consegna di denaro, non suffragata da altri elementi che provino l'esistenza di un pactum sceleris (patto criminale), non può essere considerata il prezzo di un reato.
L'ordinanza odierna conferma quindi la presenza di gravi indizi sui concorsi e le pressioni in sanità, ma solleva dubbi sulla solidità probatoria di alcune contestazioni, in particolare quelle relative allo scambio di denaro.