Come in una sorta di gioco dell’oca, torna al punto di partenza l’iter del procedimento penale che ha condotto sotto processo un poliziotto del Commissariato marsalese, l’assistente capo Angelo Patriarca, di 55 anni, con l’accusa di aver “indebitamente” chiesto, nel 2013, cento euro a un cittadino straniero (Paulo Josè Pereira) dicendogli che la somma era necessaria per inoltrare la sua pratica di rinnovo del permesso di soggiorno nel nostro Paese.
Il colpo di scena processuale è dovuto alla decisione del giudice Lorenzo Chiaramonte di accogliere l’eccezione formulata dall’avvocato difensore Francesco Vinci, che alla prima udienza ha evidenziato che “il reato contestato nel decreto con cui la Procura ha disposto la citazione diretta a giudizio non è quello ipotizzato nell’avviso conclusione indagini preliminari”.
Dando ragione al legale, il giudice ha, quindi, dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio e rimesso gli atti al pm. Nell’avviso conclusioni indagini, infatti, la Procura contestò il reato di “induzione indebita di dare o promettere utilità”, cambiando, però, poi, rotta quando ha chiesto il processo.
“Quando il pm ha notificato al Patriarca il decreto di citazione a giudizio – spiega l’avvocato Vinci – ha contestato un fatto nuovo, ipotizzando il reato di truffa. Avrebbe, però, dovuto notificare un nuovo avviso conclusione indagini con le nuove contestazioni”.
Ora, il giudice Chiaramonte ha dato ragione all’avvocato Vinci, affermando che il fatto contestato nel primo atto della Procura è “totalmente diverso” da quello contestato nel secondo.
“Esprimo soddisfazione – commenta il difensore del poliziotto – per la decisione del giudice di accogliere la mia eccezione preliminare”.
A.P.
23/04/2016
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